In breve:

Don Minuccio Stochino. Una memoria storica

Don Minuccio

a cura di Filippo Corrias.

Il primo maggio il Vescovo Antonello Mura ha provveduto a nominare il nuovo parroco della Cattedrale Santa Maria Maddalena in Lanusei nella persona di don Piergiorgio Pisu. Don Minuccio, dopo quindici anni di ministero lascia, per raggiunti limiti di età, la guida della Chiesa Madre.
A lui abbiamo voluto rivolgere alcune domande

Qualcuno, a motivo dei tanti ministeri svolti in Diocesi nei suoi 52 anni di presbiterato, lo ha definito: «Una memoria storica». Lei che ne dice?
Non esageriamo. Almeno due motivi aiutano a ridimensionare l’affermazione. Prima di tutto non ci si può fermare sul passato: il nuovo che, soprattutto ai nostri tempi, scorre in modo vertiginoso, vieta il fermarsi sul passato. In secondo luogo c’è da dire: durante gli anni di studio si era costretti a ritenere a mente nozioni ed esperienze. Si diceva citando Dante: «non fa scienza, / senza lo ritenere, avere inteso». Diventati preti è necessario passare la mano sulla fronte quasi a dire: dimentica… dimentica!

Ho sentito dire: «Che cosa non ha fatto questo sacerdote»? Potrebbe dirci qualcosa sulle responsabilità che le sono state affidate in questi 52 anni di sacerdozio?
Premetto che mi sono lasciato guidare sempre dal principio: «Niente chiedere e niente rifiutare». Questa disponibilità mi ha permesso di trovarmi a gestire tante e tante incombenze, e tutte con molta serenità. Dopo giornate tanto intense e con una agenda ancora piena per il domani, mettendomi a letto dicevo: «Signore, mettimi la mano sul petto e fammi dormire. Lo sai che domani mi aspettano altre scadenze importanti». Il Signore mi sempre ascoltato. Lo ringrazio caldamente.
Fatte queste premesse, devo certamente riconoscere che ho avuto modo di impegnarmi su un orizzonte molto vasto. Sono stato per sette anni viceparroco in Cattedrale (1968-1975). In questi anni ho avuto modo anche di insegnare alle scuole elementari, medie e liceo scientifico; sono stato anche assistente ragazzi/giovani dell’ACI; e per un anno animatore nel Seminario Maggiore di Cuglieri. Nel 1975 il Vescovo Mons. Salvatore Delogu mi dava l’incarico di reggere il Seminario diocesano, prima come responsabile e poi come Rettore. Contemporaneamente dovevo occuparmi dell’amministrazione dello stesso Seminario, dell’Opera Vocazioni Ecclesiastiche (OVE), del Centro Diocesano Vocazioni (CDV) e dell’insegnamento delle lettere presso l’Istituto Salesiano dove erano accolti anche i nostri seminaristi (avevo 14 ore d’insegnamento settimanali).
Il Seminario – allora c’erano dai 20 ai 30 ragazzi interni – comportava una presenza continua, quella di padre e di madre di famiglia. È stata un’esperienza bellissima, supportata dai collaboratori, uno migliore dell’altro, che ancora voglio ringraziare per l’entusiasmo, la dedizione e la fedeltà dimostrata.

Solo questo? Durante gli anni che reggeva il Seminario mi pare abbia avuto anche altre responsabilità. Dica pure. Non si lasci guidare da false umiltà!
E sì. Ne ringrazio il Signore e i vescovi che hanno avuto fiducia. Come non ricordare l’Istituto di Scienze Religiose (ISSR) con i suoi 20 anni di vita e che ha permesso di avere tanti insegnanti di religione con titolo pieno? Anche questo impegno è stato portato avanti con la collaborazione di tanti volontari sacerdoti, religiosi e laici. Non saprei come ringraziarli. Personalmente mi ha permesso di tenermi aggiornato su tanti campi degli studi ecclesiastici: teologia, morale, patrologia, storia, catechetica. Legato all’ISSR è stato l’impegno molto bello della formazione e dell’aggiornamento degli insegnanti di religione (IRC). Per la formazione personale non dimentico i sette anni che sono stato nominato segretario aggiunto della Conferenza Episcopale Sarda (CES), che mi ha permesso di sperimentare l’ottima testimonianza e ricchezza evangelica di tanti vescovi. Per la Diocesi è stato ed è importante anche l’avere tirato su l’Oasi Regina Apostolorum di Bau Mela. Grossi sacrifici, ma tutti portati avanti con gioia ed entusiasmo. Infine la nomina a parroco della Cattedrale. Mancava questa esperienza: è c’è stata pure questa.

Quali i momenti più belli della sua vita sacerdotale?
Tutto è stato molto bello ed esaltante. Il Signore pare ci abbia giocato. Si è servito di un nulla, di un balbuziente e timido all’eccesso per tessere la sua tela. Dei momenti più belli ricordo un fiorellino. Era tutto pronto per l’ordinazione presbiterale. Mi sono recato dal Vescovo per stabilire gli ultimi ritocchi e mi sento dire: «Ti ordino qui a Lanusei. La mia salute non mi permette di andare a Talana». Grande la mia delusione anche perché pensavo ai talanesi che mi volevano un sacco di bene. Insistetti un po’ e Mons. Basoli, concluse: «Ti voglio fare un regalo. Verrò a Talana». Venne e si trattenne per ben tre giorni. Un regalo che non dimentico mai. Molto bella la concelebrazione (1982) con San Giovanni Paolo II nella cappella privata: ci aveva ricevuto con tutta la Comunità del Seminario.

C’è stato anche qualche momento brutto?
E sì. Ci piango ancora. In Seminario c’era un bel gruppo di ragazzi: ragazzi di belle speranze, si diceva. Improvvisamente, come capita a una vigna bella e prosperosa che viene investita da una grandine, una diecina di questi ragazzi in pochi giorni lasciarono il Seminario. Mi ricordo che andai al Tabernacolo e incominciai a dare dei pugni. Ero inferocito. Il silenzio di Dio mi schiantava. Oggi la maggior parte di questi ragazzi sono impegnati come testimoni laici. Il Signore ha i suoi progetti. Dovevo e devo imparare.

E della parrocchia cosa vuole dirci?
Oggi Lanusei non è come negli anni ’70 quando ero viceparroco. Allora c’era l’entusiasmo della crescita. La domenica si celebravano ben cinque Messe e tutte segnavano il pienone di presenze. In quegli anni si è vissuti di rendita? Forse non si è profittato per una buona semina. Oggi i tempi sono diversi. C’è molto disimpegno a livello cristiano. Devo dire, però, che anche l’autunno e l’inverno sono periodi importanti per la semina e la crescita del seme evangelico. Il deserto è luogo di esperienza del Signore. Il buon pastore sa guardare avanti con fiducia. Il Padre non smette mai di attirare a sé. Il Risorto è meraviglioso nella sua opera.

Tante altre domande le avrei voluto rivolgere; ma lo spazio riservatoci è finito. Con due battute mi può dire il suo rapporto con i vescovi che ha incontrato?
Le relazioni iniziali sono state piuttosto problematiche con tutti. Conoscendoci, e giocando a carte scoperte, la sincerità ha fatto il resto: si è cresciuti nella fiducia e si è cercato di costruire insieme qualcosa di buono. Grazie.

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