In breve:

Egidio Pilia. Alle sorgenti dell’autonomia sarda

EGIDIO PILIA

di Tonino Loddo.
Come tutti i grandi, era un sognatore. E sognava «una Sardegna libera, florida, contenta, felice…», governata da un federalismo compiuto, «assolutamente necessario alla sicurezza delle nostre terre, alla libertà dei nostri mari» (1920). Un sogno dolente e lucidamente pessimista che, purtroppo, la storia avrebbe confermato: «Ci tormenta il timore che i poteri pubblici decentrati divengano una poderosa ma odiosa clientela delle classi dominantie la Sardegna un oggetto di lusso per i nefasti uomini politici che fino ad oggi l’hanno tenuta schiava». Vedeva davvero lontano!

Loceri, Ogliastra.
Egidio Pilia nasce a Loceri il 22 ottobre 1888. Figlio maggiore (avrà altri sei tra fratelli e sorelle) di Battista, segretario comunale e agiato proprietario terriero, e di Anna Loi, compie gli studi elementari alle scuole del paese, per poi recarsi a Tortolì (Seminario Vescovile) per il ginnasio e a Cagliari (Liceo Dettori) per gli studi liceali. Nel 1912 si laurea a Cagliari in giurisprudenza e torna nella sua Ogliastra (Ulassai, Arzana) dove inizia a lavorare come segretario comunale. Ma non è uomo da scrivania e sente che l’impegno attivo lo chiama. Quando scoppia la prima guerra mondiale viene chiamato alle armi e frequenta il corso allievi ufficiali di fanteria, ma non viene inviato al fronte dove avrebbe desiderato d’essere mandato, essendo di fragile costituzione, e viene assegnato alla milizia territoriale (Ozieri e Isola dell’Asinara). A Firenze, mentre frequenta un corso di specializzazione in psicologia, conosce Giovanni Gentile. Insiste nel chiedere di essere inviato al fronte, ma sempre inutilmente, anche se sarà proprio la sua insistenza a essere additata come esempio di dedizione ai valori della patria e a consentirgli comunque, a guerra finita, di essere accolto nell’Associazione degli ex combattenti. Nel 1918, intanto, consegue una seconda laurea in filosofia a Roma, circostanza che gli consentirà di intraprendere l’insegnamento di tale materia in quello stesso Liceo Dettori che l’aveva visto alunno. Si sposerà, quindi, con Maria Dolia, una giovane lanuseina di origini tempiesi, dalla quale avrà cinque figli.

L’impegno politico
Intanto, già sul finire del secondo decennio del secolo, comincia a essere assai attivo in campo politico. A muoverlo è la passione autonomista che condivide, fra gli altri, con Michele Saba, Giuseppe Musio e Filiberto Farci, ogliastrino (Seui) pure lui, che lo ricorderà poi come «uno spilungone dalla faccia olivigna, dalla espressione trasognata di asceta», dotato di un «vivido intelletto maturato in severi studi giuridici e filosofici, vasta preparazione universitaria, limpida e rettilinea dirittura morale. Era improntato a una inflessibile fermezza». Nel 1919 inizia la sua attiva collaborazione al giornale “Popolo Sardo”, fondato proprio da Farci, con il quale fonda anche “Sardissima” (1920), di cui esce solo il primo numero. Sono gli anni di un’intensa battaglia politica che il movimento degli ex combattenti vive con particolare intensità. E sono anche gli anni degli errori imperdonati, quelli che sicuramente contribuiranno alla sua damnatio memoriae. In qualità di dirigente del Movimento dei combattenti (poi PSd’Az), è incaricato di gestire la candidatura per le elezioni della Camera dei Deputati della lista Elmetto nel Collegio elettorale di Lanusei (1919); convinto di dover ricercare un nome importante, giunge a offrire il collegio a Benito Mussolini e, al suo rifiuto, con l’avallo di Emilio Lussu, lo offre a un altrettanto non esemplare personaggio come Paolo Orano, gran denigratore dei sardi e della Sardegna, che accetta la candidatura, incurante delle critiche. Eletto al Parlamento, l’Orano è poi ricandidato (quando si dice perseverare nell’errore!) alle successive elezioni del 1921, risultando nuovamente eletto nelle liste sardiste, salvo poi passare al Partito Fascista non appena Mussolini consolida il proprio potere.

Dolore e proscrizione
Come non pochi altri sardisti, anche Pilia inizialmente aderisce al PNF (1923), soprattutto perché Mussolini in persona gli promette di destinare 150 milioni di lire per la realizzazione di opere pubbliche in Sardegna. Ma gli orrori del 1924-25 (uccisione di Matteotti, sequestro dei giornali di opposizione…) gli aprono definitivamente gli occhi e il suo dissenso prende corpo. Viene trasferito d’ufficio a insegnare in un liceo di Melfi. Ritornato a Cagliari nel novembre 1926 viene privato dell’insegnamento e arrestato “per misura di pubblica sicurezza”. Potrà svolgere la professione di avvocato ma solo nel tribunale di Lanusei, dove è costretto per quasi dieci anni al domicilio coatto e dove subisce la persecuzione della dittatura con minacce, provocazioni, carcerazioni, percosse e tanto olio di ricino. Ricoverato a Roma, per una grave forma di calcolosi renale e di nefrite, muore il 27 luglio 1938.

L’opera
Oltre agli scritti giornalistici, Egidio Pilia è autore di diverse pubblicazioni di carattere politico, filosofico e di critica letteraria. Risale al 1920 la prima sua opera di rilievo dal titolo significativo: L’autonomia sarda. Basi, limiti e forme in cui presenta con lucida chiarezza le sue tesi sul senso dell’autonomia che immagina per l’Isola, tesi ampliate in una ricca serie di articoli apparsi nei mesi successivi su “Il solco”. L’imporsi della cesura fascista lo induce, però, a occuparsi di temi meno caldi e si dedica ad approfondire figure rilevati del panorama letterario e filosofico sardo. Nascono così Carlo Buragna. Poeta e filosofo del sec. XVII (1922); La dottrina del tirannicidio in Lucifero cagliaritano (1923); La dottrina politica di Domenico Alberto Azuni (1923); Gian Francesco Fara e l’origine della storiografia sarda (1924); La dottrina della sovranità nella polemica Gioberti-Tuveri (1924); Giampaolo Marat (1925). È del 1926 il fortunato volume La letteratura narrativa di Sardegna. Il romanzo e la novella, in cui traccia un primo, appassionato e limpido quadro della letteratura isolana, partendo da Antonio lo Frasso per giungere fino a Deledda, Satta e Farci. L’ultima sua opera rilevante è del 1929: Lucifero da Cagliari e la filosofia sarda medievale.

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