In breve:

Famiglia e giovani in parrocchia. La nostra Chiesa ascolti con coraggio e profezia

Famiglie

di Mons. Antonello Mura.
Sabato 21 ottobre si svolgerà il nostro annuale convegno ecclesiale. Il tema scelto: “Famiglia e giovani in parrocchia. Serve ascolto, serve coraggio, serve profezia” ci inserisce nel cammino che sta portando avanti la Chiesa universale verso il Sinodo dei vescovi nel 2018 – significativa in questo senso la presenza di Mons. Angelo Becciu -, nel quale si parlerà dei giovani, senza naturalmente evitare di ascoltarli. Seguendo questo percorso, la nostra diocesi potrà nell’occasione riflettere anche su alcuni temi presenti nella Lettera pastorale “Sul carro con Filippo”, e tra essi quelli della famiglia e della parrocchia, quest’ultimo affrontato nel convegno dello scorso anno. Pur convinto che un incontro di questo tipo non può offrire risposte a tutte le domande, né tantomeno riuscire a esaminarle tutte, credo – altrettanto convintamente – che il ritrovarsi insieme, particolarmente coloro che svolgono un ruolo attivo nelle parrocchie e nella diocesi, costituisca non solo una bella manifestazione di comunione ecclesiale, ma anche l’indicazione di una prospettiva e l’assunzione di una metodologia.
Leggendo infatti il percorso di questi ultimi anni, come anche – se ho percepito bene – degli anni del mio stimato predecessore Antioco -, non è difficile individuare la necessità di cammini unitari e di finalità condivise. Oltre a una puntuale e non sempre verificata attenzione alle modalità comunicative, tema da non sottovalutare. Un antico detto popolare recita così: “Non mettere il carro davanti ai buoi”, e per metterci “il problema dei buoi”, dobbiamo chiederci “come” portare il Vangelo nelle nostre famiglie, “come” far capire ai giovani che Cristo c’entra con la loro vita.
L’altro giorno, riflettendo sul calendario annuale, mi sono posto una domanda che voglio condividere: quante iniziative abbiamo nella comunità cristiana e nella diocesi per le famiglie e per gli adulti, quante per i giovani? E soprattutto: quante sono organizzate dagli stessi giovani e dalle coppie? In particolare, su quest’ultima domanda rispondo: ancora poche. E’ chiaro infatti che le nostre famiglie e i nostri giovani non sono protagonisti, come potrebbero essere nella Chiesa. E non si tratta di fare del progressismo per “guadagnarsi dei giovani o delle famiglie”, ma di capire e tener conto quanto radicalmente le generazioni attuali siano diverse da quelle precedenti ed esprimano un modo nuovo di cercare il senso della vita.
Vorrei che la nostra Chiesa, dal sottoscritto fino all’ultimo dei battezzati, passando dai presbiteri e dai diaconi per arrivare a tutti i collaboratori, senta la necessità di sprecare nuove energie per domandarsi quali linguaggi e quali stili siano necessari per abitare nel mondo che ci è stato donato.
E’ certo che una Chiesa che guarda al futuro, e che comprende l’importanza di investire – anche delle risorse – nel campo educativo e dell’evangelizzazione in riferimento alle famiglie e ai giovani, deve porsi seriamente il tema delle scelte da fare.
Spero che il nostro convegno ecclesiale ci sia in questo senso di incoraggiamento, secondo l’affermazione del Documento del Sinodo, quando scrive: «Se nella società o nella comunità cristiana vogliamo far succedere qualcosa di nuovo, dobbiamo lasciare spazio perché persone nuove possano agire».

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