In breve:

Il tempo sospeso di Pietro Basoccu

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Fiori di carta
In esposizione a Tortolì e in un magnifico libro (Soter Editrice, Villanova Monteleone 2015) i 38 scatti di Pietro Basoccu che raccontano la terribile favola contemporanea della Cartiera di Arbatax e dell’azienda florovivaistica Barbagia Flores di Villanova Strisaili.
di Tonino Loddo

A guardare (e riguardare, perché a guardare per una sola volta ne sfugge inesorabilmente il mistero) queste belle foto che Pietro Basoccu ha esposto dal 20 agosto al 6 settembre presso l’ex Mercato Civico di Tortolì, ci si sente esposti a quella sensazione tra il magico e l’estraniante che solitamente si prova quando si osserva qualcosa che, pur facendo parte del qui ed ora, al presente non appartiene ma neppure è interamente passata, e morde il cuore e la ragione da dietro l’angolo, perché i suoi tentacoli ancora avvolgono e stringono fino a fare male. Da quell’ombra nebbiosa che avvolge ruderi che sfidano il cielo, fino alla montagna di cristalli infranti che sfida la maestà del Gennargentu vicino, è un percorso che mozza il fiato, è una storia senza pause che tenta di addomesticare il tempo giocando a riavvolgerlo addosso allo spettatore. Una terra di nessuno in cui non è già più prima e non è ancora dopo, dove la vita è sospesa ed è come se fosse in attesa di riprendere in un elettrico istante il proprio ruolo. Un inconsueto spazio in bianco e nero che non ti appartiene e che pure sai tuo, un destino di fantasmi e ombre vane in cui ti guida un impetuoso Sofocle. Uno sguardo gettato oltre che rimanda le impressioni vivide di una dimensione che non riesci a spiegare, paradossalmente sospesa tra l’attesa e il non più. Un tempo che sai che è crepuscolo e che vorresti aurora, metà luce e metà buio che ti cortocircuita il cervello. La crepa di un’altra dimensione, uno strappo di futura nostalgia.
Le immagini che l’obiettivo dolente di Pietro Basoccu ci rimanda indietro, ci catapultano prepotentemente in un’epoca parallela, come se il tempo si fosse fermato, creando una sorta di cortocircuito temporale che lascia affranti. Una roba da gotico contemporaneo che inquieta oltre misura. Perché sembra un racconto di spiriti, fantasmi, case stregate, che senti da sempre fino a pensarli normali ancorché lontani. Ed invece sono lì, dietro quell’insegna pretenziosa e a lato di quella strada, e le incroci mentre chatti col tuo smartphone. Una storia appena passata ma pronta a riaffacciarsi nelle crepe della nostra indifferenza.
La magnificenza dell’antica Cartiera (sì, con la maiuscola, perché merita tutto il rispetto che si deve ad una grande della storia) e l’abbaglio azzardato delle serre abbondanti perfino smisurate nella pur vasta piana ai piedi del grande Monte d’argento, sembrano carezze di sorelle che non sono più, nostalgia di un tempo sacro che ha figura di speranza. E dietro a ciascuna di quelle chiavi appese in buon ordine, al telefonino distrattamente appoggiato sulle carte, alla giacca da lavoro appesa allo stipetto …, sembra perfino di vedere volti, sentire commenti sull’ultima partita di calcio, scorgere sorrisi imbarazzati. Perché sono tutti lì, operai, turnisti, fioraie …, con i loro ricordi, emozioni, sensazioni; sono appena dietro l’obiettivo, pronti a riprendere il lavoro. È solo il momento del cambio turno …

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