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Je suis Antoine
di Augusta Cabras.
Parla francese Antoine Diarra ma la sua terra d’origine è il Senegal. È nato 51 anni fa nella città di Saint-Louis situata nel nord del paese a 250 km di strada dalla capitaleDakar. Quinta città del Senegal con 170mila abitanti. Per tanti anni ha vissuto con la sua famiglia. papà, mamma e cinque sorelle. «Nella mia vita, nonostante la povertà, ho studiato tanto, mi sono iscritto all’Università per studiare chimica e fisica, ma non ho terminato gli studi. Per riuscire a trovare lavoro in Senegal ho fatto tanti corsi: quello per diventare elettricista, esperto d’informatica e di elettronica ma sono rimasto per tanti anni senza lavoro. Allora ho deciso che non potevo rimanere in Senegal e sono partito. Sono arrivato in Belgio e poi in Italia: a Firenze per 6 anni, Novara, Salerno e poi la Sardegna, prima Cagliari dopo Tortolì».
È chiaro ed evidente il motivo per cui Antoine lascia il Senegal 17 anni fa. È il motivo che accomuna uomini e donne di ogni luogo e di ogni terra, Africa, Italia, Sardegna, Ogliastra: la mancanza di lavoro e il rischio di povertà. Antoine nel suo viaggio verso l’Europa porta con sé la convinzione che le sue mani e le sue braccia troveranno un’occupazione.
Lui ha volontà, grinta, capacità di adattamento, buone maniere, educazione e un elevato grado di sopportazione. Appena giunto in Italia spera che i titoli che certificano le sue competenze valgano anche qui e invece no! Antoine deve ripartire da zero. Nei primi anni che è in Italia fa il meccanico, lavora in una fonderia, poi si occupa di agricoltura, di vitigni e vendemmia per un’importante azienda toscana. Ha il visto per due anni e per altrettanti invece è un clandestino. L’incontro con una donna che sposerà e con cui avrà un figlio, oltre l’amore e la gioia della paternità, porterà la possibilità di regolarizzare la situazione per tutta la famiglia. E se nelle altre regioni d’Italia la regolarizzazione del soggiorno è previsto solo per le madri, nella Sardegna a Statuto Speciale il diritto è allargato a tutta la famiglia, padre compreso.
Per Antoine, la moglie e il figlio Doudou (nome che vuol dire dolce,- che meraviglia!-) la Sardegna è il luogo dell’accoglienza. Cagliari e poi Tortolì, dove vive ormai da tanti anni e dove ormai sente di essere a casa. «Qui mi conoscono tutti e tutti mi vogliono bene. Mio padre, – era un militare lui – mi diceva sempre: Antoine, devi comportarti bene sempre, dappertutto e con tutte le persone che incontri. Io mi comporto bene e così non ho problemi con nessuno».
In realtà Antoine qualche problema ce l’ha anche a Tortolì e non dipende dalla sua volontà, che al contrario lo spinge ad impegnarsi continuamente, a studiare ancora e non mollare mai. Anche a Tortolì c’è il problema del lavoro e il rischio di tornare in una condizione di povertà è sempre dietro l’angolo. Antoine fa il venditore ambulante per tanto tempo ma sente che quella non è l’occupazione che preferisce, tanto più in un periodo in cui tutti comprano quasi solamente beni di prima necessità. Cerca altre strade, prende la patente, fa un corso di mediatore culturale in Provincia senza poter mai lavorare e un corso di verniciatore nautico al cui stage segue il nulla.
Ci sarebbe da disperare ma Antoine non lo fa.