In breve:

Sassari. Elisabetta Sanna è la nuova Beata sarda

saccargia-17-settembre-2016

Nella mattinata di sabato 17 settembre, nella suggestiva cornice dell’antichissima basilica di Saccargia, a Codrongianos, si è svolto il solenne rito della beatificazione di una figlia di Sardegna, Elisabetta Sanna. Il rito è stato presieduto dal cardinale Angelo Amato, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, rappresentante del Sommo Pontefice Francesco. Hanno concelebrato con lui l’arcivescovo di Sassari, mons. Paolo Atzei, e tutti gli arcivescovi e vescovi delle Chiese sarde, tra cui il vescovo di Lanusei, Antonello Mura. Presenti e concelebranti anche il superiore generale della Società dell’Apostolato Cattolico di San Vincenzo Pallotti, padre Jacob Nampudakam con diversi Sacerdoti pallottini, un rappresentante dell’Arcidiocesi di Niteròi, i sacerdoti turritani e tanti altri sacerdoti convenuti dalle Chiese sorelle dell’Isola e della Penisola. La decisione di beatificare Elisabetta Sanna è giunta a seguito di un miracolo avvenuto proprio in nella diocesi brasiliana di Niteròi, dove una giovane donna, Suzana Correia da Conceição, che soffriva di una grave distrofia al braccio destro, il 18 maggio del 2008 è improvvisamente guarita proprio mentre pregava la venerabile, nella cappella del Santissimo Sacramento della sua chiesa parrocchiale.
Al rito erano presenti circa cinquemila persone arrivate da tutta la Sardegna, che hanno affollato l’area esterna della basilica di Saccargia. L’arcivescovo di Sassari, mons. Paolo Atzei, ha proposto che la nuova beata diventi la patrona dei disabili: la Beata Sanna, infatti, aveva contratto il vaiolo, che le aveva provocato una disabilità alle braccia e una funzionalità limitata di tutto il corpo.
La beatificazione di Elisabetta Sanna avviene a 160 anni dalla sua morte. Nata a Codrongianos (Sassari) il 23 aprile 1788, all’età di appena tre mesi perdette la capacità di sollevare le braccia, cosa che non le impedì di avere una vita normale. Nel 1807 si sposò con Antonio Maria Porcu ed ebbero sette figli, dei quali sopravvissero cinque. Rimasta vedova nel 1825, a 37 anni, fece voto di castità e divenne la madre spirituale delle ragazze e delle donne della sua terra. Nel 1831, imbarcatasi per un pellegrinaggio in Terra Santa, giunse a Roma, e non poté tornare al suo paese per gravi disturbi fisici. Nella Città eterna si dedicò totalmente alla preghiera ed a servizio dei malati e dei poveri.
Fu tra le prime iscritte all’Unione dell’Apostolato Cattolico di San Vincenzo Pallotti, suo direttore spirituale e fece della sua abitazione un santuario di fede viva ed ardente carità. Morì a Roma il 17 febbraio 1857 e fu sepolta nella chiesa del SS. Salvatore in Onda.
Il richiamo identitario della nuova Beata è l’esistenza battesimale, tutta inscritta nella sua famiglia e nella comunità di Codrongianos e particolarmente a Saccargia, dove si recava, dati i suoi limiti, con tanta fatica fisica, da vera penitente. Dentro questa esistenza, ecco il sogno sognato a occhi aperti della Terra Santa, significata dalla stella di Betlemme: sogno che è diventato quasi una chimera e che si è realizzato soltanto in Paradiso. Roma è stata l’altro luogo simbolo della sua esistenza: con la preghiera e la contemplazione, il lavoro in umiltà e silenzio a beneficio dei poveri, l’offerta di sé in sacrificio gradito a Dio.

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