In breve:

WhatsApp, bufale e post-verità

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di Tonino Loddo.
WhatsApp rientra senza dubbio tra le invenzioni che ci hanno semplificato la vita: comodo, veloce, economico. E permette perfino di telefonare gratis. Se non fosse che è diventato una specie di schiavitù. Sempre lì a smanettare ossessivamente e nessuno che si guarda più intorno, anche a tavola, perfino quando ci troviamo a una festa o in una bella piazza. Poco, davvero, ci rendiamo conto di quanto ci stia non solo semplificando ma perfino cambiando la vita. In peggio. Sappiamo a che ora il tale o la tale ha fatto il suo ultimo accesso: 23,18; con chi stava comunicando a quell’ora?, e se non vuole che compaia l’ora di accesso: ma cosa teme? E poi i gruppi: c’è sempre il solito noioso petulante, o il saccente indisponente; ma se ti cancelli o non chatti mai, passi per un tipo snob, quello che non vuole essere disturbato: ma guarda quello, chi pensa di essere?! E poi, proviamo a pensare a quanto tempo usiamo in chat: rispondere, cercare la faccina giusta, e se vedi che l’altro “sta scrivendo” ti fermi e si ferma pure lui, e inviare messaggi vocali e far video e spedirli (che spesso ci vuole un fracco di tempo) e scaricarli (altro fracco di tempo). E il maledetto T9 che ci corregge le parole e fa partire i messaggi più stupefacenti ed improbabili e, qualche volta, perfino offensivi. Per non dire della delusione di quando proviamo a contattare un numero che ti dice “invita ad usare WhatsApp”: ma che sfigato dev’essere quello, che telefonino ha?, non ha ancora Internet, boh…? Insomma, alla fine e a conti fatti, WhatsApp è vera gloria?
Il problema è che quelli appena accennati, per quanto paradossale possa sembrare, costituiscono l’aspetto meno preoccupante di questa diffusissima applicazione (pardon: app). Ve n’è, infatti. almeno un altro su cui occorre fare qualche riflessione. WhatsApp, infatti, è diventato per oltre un miliardo di persone al mondo (di cui 24 milioni solo in Italia), il più importante canale di comunicazione interpersonale e su di esso corre una quantità inverosimile di notizie che, però e alla resa dei conti, si sono dimostrate in larghissima misura false.

(Continua…)

Puoi leggere l’articolo integrale su L’Ogliastra, periodico in abbonamento della Diocesi di Lanusei.

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