In breve:

La morte di Mons. Antioco Piseddu. Grazie a un Vescovo che ci ha amato

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di Mons. Antonello Mura.
La Diocesi di Lanusei, eretta ufficialmente duecento anni fa, ha avuto come suo Pastore, per quasi trentatré anni (1981 – 2014), il vescovo Antioco Piseddu, che ha concluso il suo tempo terreno domenica 8 giugno, solennità di Pentecoste.
Dalle colonne di questo giornale, a lui tanto caro durante il suo ministero episcopale – ma che seguiva sempre con grande attenzione – è doveroso salutarlo con affetto e profonda riconoscenza, affidandolo al Pastore dei pastori, perché riceva pienezza di vita e salvezza, e ringraziandola Chiesa di averlo scelto e donato a questa Diocesi.
Fin dal mio arrivo, una considerazione mi ha accompagnato: Mons. Piseddu si identificava totalmente con la gente dell’Ogliastra, conoscendone pregi e limiti. Soprattutto amava immedesimarsi nella sua storia, che leggeva con acutezza, trovando nel suo predecessore, il Vescovo san Giorgio di Suelli, un esemplare prototipo di quanto questo territorio meritava e continuava ad auspicare.

Pensare in grande è stato il suo motto, accompagnato da quel Prendere il largo che, oltre a disegnare una rotta, voleva dimostrare che la Chiesa era il “luogo” per imparare a percorre spazi ampi, vedute nuove, e per intravedere orizzonti inesplorati. Lui, come Vescovo, sentiva la responsabilità di volerci essere, per contribuire alla rinascita di questo territorio.
Quelle parole continuano a risuonare ancora oggi, e questo suo sguardo di fede e di speranza non va perduto. Ha difeso sempre questa terra, ha “gridato” per evitate il suo isolamento e la sua marginalizzazione; ha affrontato – supplendo all’assenza di altri, comprese le istituzioni – situazioni critiche e periodi scuri. La cartiera, la scommessa persa di questo territorio, era il suo dolore sociale più grande, e la sentiva come una sconfitta. Per questo implorava che i laici, accuratamente preparati e cristianamente ispirati, prendessero a cuore il futuro dell’Ogliastra. Nel caso della cartiera, tra l’altro, non ha risparmiato sensibilità e risorse, aiutando famiglie e singoli, talvolta dimenticato, spesso lodato in privato e trascurato in pubblico.

Ogni volta che lo incontravo mi domandava qualcosa dell’Ogliastra e mi chiedeva di salutare gli amici. E anche nei miei confronti aveva sempre parole di incoraggiamento, anche perché leggeva e seguiva tutto, e non aveva difficoltà a esprimere apprezzamenti e valutazioni.
Ho ancora presenti le parole che mi disse, sommesse e delicate, all’inizio del mio ministero, anche se amabilmente gli ripetei più volte che lo avrei preferito accanto a me, quel 27 aprile del 2014. La sua assenza fu dovuta però solo alla discrezione e al rispetto. Atteggiamenti che corrispondevano esattamente anche al suo modo di operare e di annunciare la fede. Quasi impossibile sentirlo parlare male degli altri, così come aveva fiducia incondizionata verso i suoi collaboratori.
Quando lo incontrai all’ospedale del Brotzu, il 29 aprile scorso, viveva già una situazione di salute compromessa, mal celata dal suo sorriso smorzato e da un viso sempre più scavato.

Oggi lo ricordiamo con gratitudine e lo ringraziamo per le parole di Vangelo da lui seminate in questo angolo di terra che non ha mai dimenticato, che ha sempre amato.

+ Antonello Mura

 

 

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