In breve:

Povertà. Urge una responsabilità comune

Povertà

Presentato lo scorso 10 novembre a Sassari il XX Report su povertà ed esclusione sociale in Sardegna da parte della Delegazione regionale Caritas

Il contesto socio-economico. La povertà si sta “cristallizzando”, in Italia come in Sardegna.

In Italia, nel corso del 2024 il numero di famiglie in condizioni di povertà assoluta è rimasto pressoché invariato rispetto all’anno precedente, passando da 2.217.000 nel 2023 a 2.224.000, pari all’8,4% del totale delle famiglie residenti (la stessa incidenza registrata nel 2023).

In Sardegna nel 2024 l’incidenza della povertà relativa familiare in Italia è aumentata di 0,3 punti percentuali, passando dal 10,6% del 2023 al 10,9%. L’Isola si colloca al 5° posto in senso decrescente (era al 7° nel 2023) fra le regioni italiane con la più alta incidenza di povertà relativa (17,3%), registrando un incremento pari a +1,4% rispetto al 2023. Stando alle rilevazioni Istat, nel 2024 circa 128.000 famiglie sarde si trovano in condizione di povertà relativa, rispetto alle circa 118.000 del 2023.

La questione demografica. È la sfida delle sfide.Le problematiche demografiche che interessano la Sardegna rappresentano una sfida rilevante, destinata nel tempo a generare conseguenze significative sulla spesa sanitaria e assistenziale. Al 1° gennaio 2025 la popolazione residente risulta diminuita di 9.114 unità rispetto all’anno precedente, nonostante il contributo positivo del saldo migratorio, stimato in +2.578 unità. Il saldo naturale (il rapporto tra nati vivi e morti), costantemente negativo, ha determinato non solo una progressiva riduzione della popolazione residente ma anche un marcato invecchiamento della stessa. Entro i prossimi 30 anni la popolazione residente potrebbe subire una contrazione del 25,0%, passando dagli attuali 1.561.339 abitanti a circa 1.165.000. Tale dinamica avrà ripercussioni profonde e trasversali, non solo sul piano sociale, sanitario ed economico, ma anche sotto il profilo culturale e identitario. In altri termini, la Sardegna di oggi rischia di essere molto diversa da quella che conosceranno le generazioni future.

Chi chiede aiuto alla Caritas. Nel corso del 2024 i 78 Centri di ascolto che hanno conferito i dati relativi al 2024, distribuiti nei 42 comuni della Sardegna coinvolti nell’indagine, hanno ascoltato – una o più volte – 10.418 persone portatrici di uno o più disagi a livello personale e familiare. Tale dato appare in lieve flessione (-4,8%) rispetto al 2023 (quando furono 10.919), risultando comunque ancora più elevato rispetto all’anno dell’esordio della pandemia (10.125 nel 2020).

A differenza del dato nazionale, ai Centri di ascolto si sono rivolti in maggioranza cittadini italiani (63,2% in Sardegna e 42,1% a livello nazionale). Di questi, oltre due quinti fanno riferimento alla diocesi cagliaritana.

La componente femminile è di poco prevalente. Conformemente al dato nazionale, i dati relativi alla Sardegna rilevano una lieve prevalenza nell’esposizione a situazioni di fragilità da parte delle donne (51,9%).

Una persona su quattro è un cinquantenne. La maggior parte delle persone ascoltate è associata alla classe dei cinquantenni (25,6%). La classe modale, ovverosia quella in cui si registra la massima frequenza, è costituita dai 50-59enni, mentre l’età media è di 49 anni (53 nel caso degli italiani e 40 degli stranieri). Quasi l’85,0% delle persone ascoltate è in età da lavoro, ma è costretto a chiedere aiuto. Inoltre, in termini di età la componente maschile si espone più precocemente alle richieste di aiuto rispetto a quella femminile.

Celibi, nubili e coniugati tra i più assidui nel chiedere aiuto. Le due componenti quantitativamente più rilevanti, con riferimento allo stato civile, sono costituite rispettivamente dai celibi o nubili, con un dato pari al 38,2% (rimasto sostanzialmente stabile rispetto al 2023), e da quanti hanno dichiarato di essere coniugati, col 32,2%: un dato che continua a essere in diminuzione rispetto agli ultimi anni. Una quota ugualmente importante è costituita anche dalle persone separate legalmente e dai divorziati, in quanto comprendono complessivamente il 18,0% di tutte le persone ascoltate.

Meno istruiti, più vulnerabili. I dati forniti dai Centri di ascolto confermano l’esistenza di una correlazione strettissima tra un livello non sufficiente di scolarizzazione e una maggiore esposizione ai fenomeni di vulnerabilità sociale. Una quota pari al 79,5%, corrispondente a quattro quinti delle persone ascoltate nel 2024, possiede infatti un livello di istruzione basso o medio-basso. Oltre la metà delle persone che hanno chiesto aiuto alla Caritas (51,2%) ha dichiarato di possedere la sola licenza media inferiore (il 45,0% a livello nazionale). La povertà educativa, dunque, continua a essere uno degli elementi più importanti alla base della vulnerabilità socio-economica delle persone. Il livello di istruzione è a sua volta condizionato dalla situazione di partenza delle famiglie di origine, dando vita ad una sorta di circolo vizioso: il fenomeno della trasmissione intergenerazionale della povertà, vale a dire una povertà che si tramanda di padre in figlio.

Disoccupazione e lavoro povero e precario fra le cause della povertà economica. La metà delle persone ascoltate nel corso del 2024 (50,2%) ha dichiarato di trovarsi in una condizione di disoccupazione, vale a dire alla ricerca della prima esperienza lavorativa (inoccupati) o in cerca di una nuova occupazione a seguito di licenziamento o di conclusione contrattuale di un rapporto di collaborazione o di lavoro subordinato a tempo determinato (disoccupati in senso stretto). Fra i disoccupati vi sono soprattutto uomini (56,5%) di nazionalità italiana (66,5%). Considerando la componente degli occupati (14,8%) e quella dei pensionati (12,1%) si giunge a oltre un quarto del totale (26,9%): una quota complessiva che indica come anche in presenza di una qualche fonte di reddito si fatica a far fronte alle normali esigenze della vita quotidiana. Pertanto, non è solo la mancanza di lavoro che spinge le persone a chiedere aiuto: quasi un beneficiario su sette dichiara di avere una qualche forma di occupazione. Un dato che non sorprende, considerato che, secondo l’Istat, il 21,0% dei lavoratori in Italia ha un reddito troppo basso per assicurare condizioni di vita adeguate.

Approccio multidimensionale alla povertà. La funzione della Caritas non può limitarsi a fare da mero paracadute sociale ma – come ha ricordato la Caritas Italiana nel suo Rapporto 2025 sulle politiche di contrasto alla povertà – deve osare una funzione di “trampolino” verso una vita migliore di tutta la comunità, cominciando dalle persone più fragili. Di conseguenza, data la natura ormai strutturale e non più emergenziale della povertà, gli studi e le ricerche in materia devono stimolare una responsabilità comune e un impegno collettivo più incisivo per la giustizia sociale. Da sempre, la Delegazione regionale Caritas della Sardegna sottolinea l’importanza di mantenere un approccio multidimensionale alla povertà. È quindi necessario coinvolgere una pluralità di interlocutori istituzionali, attivando politiche familiari e giovanili, misure per il lavoro, l’abitare, la salute, l’istruzione e la formazione professionale.

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