In breve:

Com’è profondo il mare

notte-prima-degli-esami

di Claudia Carta.
Se iniziassi dicendo: «Ai miei tempi…» sarebbe certo deleterio e mi attirerei sopra l’ira funesta dei crociati ostili al si è sempre fatto così. Per carità. Dico allora semplicemente che ho conosciuto maestre, professori, docenti che prima diessere il ruolo che ricoprivano erano uomini e donne, magari anche padri e madri, difronte a un esercito di bambini, ragazzi, adolescenti. Chiamiamoli per ciò che sono: persone.
Dal bravissima all’ottimo, da A a 8. Giudizi, valutazioni, numeri. Quanto ti ha messo? Domanda esistenziale. Con gli annessi e connessi, più o meno leciti, tra cui andare a frugare nel registro lasciato incustodito sulla cattedra, scorrere la lista dei nomi e seguirne col dito il “destino” sulla destra per scoprire di quale voto morire.

Alla maturità, in piena solidarietà con la mia classe, il compito di matematica fu il frutto di una copiatura perfetta, merito di una versione circolata – così disse il presidente della commissione (su una pallina di carta dagli effetti aereodinamici sorprendenti, sottolineo io) – che consentì a tutti di fare un compito mediocre (leggi 5), sempre a detta del presidente. Ma un 5, buttalo via: appena appena sotto il 6. All’orale, il professore – esterno – di italiano ci incastrò tutti su I promessi sposi di Manzoni, senza possibilità di appello. E fu lì che la nostra acerba fiducia nella provvidenza divina, celebrata dallo scrittore milanese nel suo capolavoro ottocentesco, subì un grosso contraccolpo. Sopravvissuti.

Oggi, quattro studenti su oltre 500mila maturandi in Italia – ma il numero potrebbe essere cresciuto quando riceverete queste mie parole – hanno deciso di sedersi davanti a quella commissione e dire: «Io non sono un numero». C’è chi l’ha fatto e ha scelto il silenzio. C’è chi ha argomentato la scelta, spiegando perché maturità è tante altre cose oltre il 60, il 100 e numeri intermedi. Mode, capricci, esibizionismo. Se n’è detto di ogni. Col ministro a tuonare: «Dal prossimo anno, tutti bocciati!».

Ognuno si sarà fatto la propria idea: ragazzi, genitori, docenti. Io ho la mia e vi do un consiglio di lettura per questa estate già rovente: è L’appello di Alessandro D’Avenia, noto scrittore e professore di lettere. Vi auguro buone vacanze così: «È chiaro che il pensiero dà fastidio, anche se chi pensa è muto come un pesce. E come pesce è difficile da bloccare perché lo protegge il mare. Certo, chi comanda non è disposto a fare distinzioni poetiche. Il pensiero, come l’oceano, non lo puoi bloccare, non lo puoi recintare. Così stanno bruciando il mare, così stanno uccidendo il mare, così stanno umiliando il mare, così stanno piegando il mare».

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