Le strade missionarie che passano dalle tecnologie

di Mons. Antonello Mura.
La Chiesa, nel suo compito missionario, ha molte strade da percorrere per raggiungere le persone, tra esse «ci sono anche quelle digitali, affollate di umanità, spesso ferita: uomini e donne che cercano una salvezza o una speranza» [Francesco,Messaggio per la 58ª Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, 2014].
Il nostro convegno diocesano del prossimo 18 ottobre, intende riflettere su queste “strade missionarie”, verificando itinerari e provocando progetti, anche con l’aiuto di esperti relatori.
Sembra perfino inutile ricordare che la Chiesa sta partecipando a una vera e propria rivoluzione socio-culturale, nata dalla cultura digitale, sentendosi in essa non solo provocata, ma anche trasformata.
Se per la Chiesa comunicare il Vangelo è un compito primario, diventa prioritario anche conoscere i linguaggi, le pratiche e le piattaforme digitali nelle quali tutti siamo inseriti. Conoscerle consapevolmente, apprezzandone le opportunità ed evitandone i rischi. Anche la cultura digitale è infatti un ambiente di vita.
La Chiesa non può, né deve, chiamarsi fuori dalle tecnologie dell’informazione odierne, anzi deve creare le condizioni per proporre «riconoscimento, formazione e accompagnamento» (Relazione di sintesi del Sinodo dei Vescovi 2023, n. 17) per quanti sono chiamati a svolgere questo compito, che non è sbagliato definire missionario. Si tratta infatti di raggiungere non solo chi non è battezzato, ma anche chi, pur battezzato, si è allontanato, e chi – per vari motivi – non ha precedentemente vissuto una bella esperienza della Chiesa.
Il compito della missione ecclesiale e dei suoi missionari è quello di stare all’interno della realtà digitale con consapevolezza, competenza, saggezza e temperanza. Siccome abbiamo un tesoro di valori cristiani da far emergere, essi hanno bisogno, anche con l’aiuto delle nuove tecnologie, di essere messi in luce, rifiutando le banalità e le ovvietà, investendo nel recupero delle relazioni autentiche e creando reti di solidarietà. La nostra voce deve sostituire ciò che certi mass media tacciono, mettendo in circolo le vere e buone notizie.
Non si potrà tornare indietro, perché le conoscenze e le tecniche andranno avanti. Più importante sarà trasformare il mondo virtuale in un “mondo virtuoso”, valorizzando le potenzialità degli strumenti per metterli a servizio del Vangelo, quindi delle persone, non ultimi dei più deboli e dei malati, di chi è solo.
Chi è impegnato nella missione della Chiesa non dovrà, per citare un esempio, assumere nella rete digitale lo stile dell’aggressività, perché sa di ispirarsi a un Dio di pace, di amore e di misericordia. Lo schermo di un computer o di un cellulare, sempre per rimanere nell’esempio, non può giustificare la bacheca di quei cattolici che fanno trapelare astio e disprezzo verso gli altri.
Anche nell’educazione delle nuove generazioni serve una nuova alleanza con la scuola e le famiglie. Al convegno, su questo tema, parleremo dei patti digitali che si stanno affermando come necessari e urgenti.
Concludendo: se testimoniare Gesù Cristo in ogni cultura è il compito della Chiesa, chiedersi come farlo all’interno della cultura digitale diventa un impegno attuale e improrogabile.
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