In breve:

Allarme Cisl: «Economia e lavoro in caduta libera. Serve un cambio di passo della politica»

Cisl

di Michele Muggianu.
I dodici mesi tragici che abbiamo alle spalle hanno lasciato il segno sull’economia, sulle aziende e sui lavoratori. In assenza di serie politiche di rilancio, le ferite che si apriranno saranno devastanti.
La crisi politica nazionale è arrivata nel momento peggiore e il Presidente Mattarella ha saggiamente scelto l’uomo che più di tutti può aiutarci a prendere l’ultima ciambella di salvataggio per il futuro del nostro Paese e dei nostri figli: il Recovery fund da 209 miliardi.
L’Italia non può mancare questo appuntamento, ma il piano ha bisogno di essere condiviso con le parti sociali e deve essere ricco di contenuti e con modalità attuative rapide. Le risorse sono infatti soltanto teoriche, sta a noi essere in grado di fare le riforme e programmarne l’utilizzo, tenendo presente che andranno spese entro il 2026.
Le croniche difficoltà e incapacità che abbiamo puntualmente mostrato nella gestione delle risorse comunitarie – perdendo ogni settennio gran parte dei finanziamenti assegnati – sono lì a dimostrare che occorre un deciso cambio di passo.
I dati economici del nostro territorio risultano particolarmente negativi. Il tasso di occupazione in Ogliastra risulta sotto il 50% (quello regionale è al 53,1 %); abbiamo 3.264 nuclei familiari (per un totale di 7.248 persone coinvolte) che vivono grazie al reddito di cittadinanza (importo medio mensile 475,19 euro); nel 2019 sono state presentate alla sede Inps di Lanusei 3.874 domande di Naspi (al 16.11.2020 erano già 3.089).
Numeri drammatici che si accompagnano allo spopolamento dei centri dell’interno, alla mancata crescita demografica dei centri costieri, alla ripresa dell’emigrazione, al livello di istruzione (preoccupante il dato sull’abbandono scolastico), alla sanità (in gravissima difficoltà sia quella ospedaliera che la medicina del territorio), ai rischi sulla permanenza dei presidi dello Stato, al futuro assetto istituzionale del territorio, ai bisogni delle famiglie.
La Sardegna è una terra sempre più lenta, dove le istituzioni pubbliche non brillano per affidabilità e imparzialità, dove solo un giovane su quattro è laureato, un prodotto interno lordo più vicino alle regioni dell’Est europeo che al resto d’Italia. Siamo abbondantemente sotto la media europea in quasi tutti i campi, dicono le statistiche elaborate secondo gli indicatori di Bruxelles.
Rispetto alle altre Regioni simili alla nostra siamo molto indietro, così come siamo molto indietro nel settore delle infrastrutture (gli studiosi incaricati dalla Commissione hanno preso in considerazione lo stato della rete stradale, le condizioni delle linee ferroviarie, il numero dei voli a disposizione di ogni cittadino). Su tutti questi temi siamo puntualmente bocciati.
Poi c’è la stabilità dell’economia, giudicata sulla base dell’indebitamento, degli investimenti e dei risparmi. Il Pil sardo pro capite è fermo a 20.100 euro, ovvero il 69% della media europea (ecco perché tra il 2021 e 2027 riceveremo più soldi dal Fondo di sviluppo). Altro dato che fa paura è quello relativo al grado di istruzione della popolazione sarda, in particolare dei giovani. Il nostro tasso di laureati supera di poco il 23 % (fascia di età 30-34 anni), siamo al diciassettesimo posto tra le regioni italiane e tra gli ultimi in Europa.
Siamo però in testa se si parla di abbandoni scolastici: un ragazzo su tre lascia il percorso di studi prima della fine. I numeri fanno paura: oltre il 30% dei ragazzi tra i 15 e i 24 anni abbandona la scuola prima o durante le superiori, ma se guardiamo i dati comune per comune, scopriamo che ci sono enormi differenze territoriali e che c’è una correlazione evidente tra la mancanza di istituti nei propri paesi o in quelli vicini e l’abbandono scolastico.
Tutte le problematiche evidenziate sono risolvibili solo con il miglioramento dei servizi primari, con specifici programmi e interventi a favore dell’agricoltura e dell’allevamento, del turismo, della piccola e media industria, con nuove misure e strumenti a favore del lavoro dei giovani, sostenendone la permanenza con incentivi per le loro abitazioni, valorizzando e rivitalizzando le comunità sul versante dei beni ambientali e culturali.
Siamo preoccupati perché non vediamo politiche lungimiranti di programmazione dello sviluppo (contenuti, tempi e modalità attuative, efficienza ed efficacia degli interventi, ruolo della burocrazia); le riforme istituzionali e in primo luogo della Regione non sono all’orizzonte; latitano anche le politiche delle risorse umane, della formazione e dell’istruzione, le politiche di settore e territoriali (socio-assistenziale-sanitario, ambiente e territorio, edilizia e costruzioni, mercato del lavoro e inclusione sociale, beni culturali e identitari, agricoltura e allevamento, pubblica amministrazione, servizi primari, sviluppo aree interne, questione urbana, aree costiere).
È necessaria una fase di confronto con le parti sociali per programmare le politiche di spesa delle risorse comunitarie, fondamentali per far ripartire l’economia dopo la botta del Covid-19 (il documento deve essere inviato alla Commissione europea entro aprile 2021).
I 206 progetti inviati dalla Regione al Governo devono essere condivisi e soprattutto devono guardare allo sviluppo di tutta l’Isola.
Noi crediamo che occorra dare un orizzonte ideale alla nostra Regione e alla nostra Ogliastra.
Lo dobbiamo ai tanti concittadini coraggiosi che hanno deciso di restare qui perché amano questo territorio, perché ci sono nati, perché qui hanno i loro affetti.
Noi abbiamo il compito, la politica ha il compito, di dare prospettive a queste persone, che sono spesso in ansia, ferite dall’ampliarsi delle disuguaglianze e delle fasce di povertà.
In gioco c’è il nostro futuro. Noi vogliamo essere protagonisti ed esiste un solo risultato possibile: cambiare lo stato delle cose per rivedere l’alba.

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