In breve:

Editoriale

Saldatori

Lavoro: istruzione, politiche attive e formazione professionale per le sfide del futuro

di Michele Muggianu.
Le sfide dei prossimi decenni, con l’ingresso in scena dell’intelligenza artificiale e la concorrenza del lavoro a basso costo nei paesi emergenti, non saranno affatto semplici. Per vincerle, ci vorranno dedizione e creatività, fatica e vocazione al lavoro, serviranno politiche nuove, inclusive e generative a livello locale, nazionale ed europeo. Le nuove sfide che ci attendono ci porranno di fronte ad alcune emergenze da affrontare, prima tra tutte quella educativa e formativa. Per creare nuovi posti di lavoro è necessario, infatti, attrarre imprese innovative che necessitano di dipendenti molto qualificati. La nuova geografia del lavoro sarà disegnata dall’istruzione media di un Paese e quindi dal capitale umano.

Occorre, dunque, investire in formazione continua per aumentare l’occupabilità delle persone perché, per dirla con le parole di Don Milani «gettare nel mondo di oggi un giovane senza istruzione è come gettare dalla finestra un passerotto senza ali».

Come siamo messi in Sardegna e nel nostro territorio ogliastrino? Abbiamo un colossale problema di capitale umano adeguato ai cambiamenti in corso, tecnologici e di mercato, vi è un disallineamento formativo importante e una distanza abissale dell’Isola dalle regioni più sviluppate d’Europa. La Sardegna infatti è al numero 210 su 231 regioni d’Europa in termini di giovani laureati: è nostro il primato in Europa per la minor incidenza di ingegneri e scienziati sul totale della popolazione attiva. L’ultimo rapporto Invalsi, presentato di recente alla Camera dei deputati, evidenzia il divario enorme tra Nord e Sud, con il dato pessimo delle Isole: il 45 % degli alunni delle terze medie in Sardegna ha un livello insufficiente di comprensione in italiano, in matematica siamo al 60 %. Lacune che si trascinano anche alle superiori. La dispersione scolastica è al 15,9 %, i nostri studenti che hanno superato con eccellenza i test Invalsi sono meno del 9 %.

Senza un capitale umano adeguato, non c’è politica che tenga e la povertà educativa si trasforma poi in povertà economica. Ci distinguiamo infatti per la triste posizione di 182esima regione in termini di PIL (con un PIL per abitante che raggiunge appena il 68 % della media Ue). Abbiamo scogli strutturali noti che vanno levigati, penso ad esempio alle difficoltà delle aziende nell’accesso al credito, al costo della burocrazia e della tassazione sul lavoro, alla lentezza giudiziaria, al costo delle materie prime, alle infrastrutture inadeguate, all’alto costo dell’energia e alla mancata continuità territoriale.

Ci sono però grandi opportunità. Il nostro è un territorio vocato al turismo, all’agroalimentare, all’artigianato di qualità e all’industria compatibile con l’ambiente: il rinnovato interesse di Saipem per gli investimenti ad Arbatax, lo sbarco dei colossi della nautica Ferretti e San Lorenzo, i fondi per il potenziamento delle infrastrutture portuali, la Zes. Temi importanti e prospettive interessanti.

Dobbiamo essere incisivi nel favorire l’incontro tra domanda e offerta di lavoro, indirizzando i nostri disoccupati, inoccupati, sotto-occupati verso i settori economici che offrono possibilità di impiego e crescita professionale. In buona sostanza, dobbiamo porci l’obbiettivo di aumentare il tasso di occupazione attraverso il potenziamento delle politiche attive del lavoro.

L’incremento dell’occupazione femminile è dirimente per il raggiungimento degli obbiettivi: occorrono politiche adeguate per la conciliazione famiglia-lavoro e per implementare tutta la rete dei servizi per l’infanzia. Allo stesso modo, il territorio dovrà predisporsi, se vuole crescere economicamente e socialmente, a politiche di accoglienza e integrazione di lavoratori che arriveranno in numero sempre maggiore da altri Paesi, con le famiglie al seguito. Un apporto indispensabile, considerata anche la drammatica crisi demografica che stiamo attraversando.

Temi sensibili, in quanto persino il settore turistico negli ultimi anni è stato investito da criticità legate alla carenza di manodopera che oggi sono di fatto comuni a diversi settori economici.

Tornando alle opportunità, il rilancio di Saipem che chiede ulteriori aree ad Arbatax per investire è un fatto molto positivo. Saipem è al momento concentrata sulle attività legate alle rinnovabili e sulle tecnologie più vicine al suo business, vale a dire l’eolico offshore, pannelli solari, bioraffinerie integrate, energia geotermica e progetti waste-to-energy (ovvero produrre energia elettrica, calore o carburanti utilizzando ciò che non serve più, in sintesi la valorizzazione dei rifiuti). Ci sarà necessità di tanti nuovi professionisti in questi settori, dagli ingegneri agli operai specializzati, a partire dai saldatori.

Allo stesso modo, l’industria della nautica di lusso rappresenterà un pezzo importante dell’economia di questo territorio. Non risente di crisi economiche e le nostre eccellenze sono richiestissime in giro per il mondo. Oggi occorrono resinatori e carrozzieri – siamo, infatti, ancora nella fase in cui realizziamo scafi e coperte –. Nel medio termine, però, dobbiamo farci trovare pronti a realizzare per intero le imbarcazioni e occorreranno più ingegneri, architetti, artigiani specializzati, in grado di rispondere all’interesse di questi importanti player dell’industria nazionale con serietà e competenza.

Per questa ragione la Cisl ha investito nel corso dell’ultimo anno per il potenziamento delle offerte formative della nostra agenzia dei servizi per il lavoro, lo IAL, e così come noi altri enti e associazioni stanno seguendo la stessa strada. Le ingenti risorse economiche messe a disposizione, in modo particolare attraverso i fondi PNRR, dovranno essere spese al meglio per garantire alle tante donne e uomini, oggi fuori dal mercato del lavoro, di poter entrare a farne parte con ruoli da protagonisti, con i loro sogni e le loro speranze per il futuro. In questo modo si daranno anche le necessarie risposte alle aziende che cercano forza lavoro qualificata, spesso senza successo.

La Cisl è in campo da protagonista, con la certezza che l’impegno di tutti gli attori istituzionali e sociali coinvolti produrrà risultati importanti per i nostri concittadini e le nostre comunità.

 

Politica

La vera politica parte dall’ascolto

di Claudia Carta.

Come una farfalla che si posa su un fiore. Così la politica dovrebbe entrare nella nostra realtà: con delicatezza e sobrietà, capace di essere una cosa bella. È stato questo l’invito e l’auspicio alla base della conversazione del vescovo di Lanusei e di Nuoro, Antonello Mura, con i candidati alla carica di Presidente della Regione Sardegna nell’incontro del 7 febbraio scorso, a Nuoro, in un teatro San Giuseppe gremito all’inverosimile.

Rendete sempre ragione della speranza che è in voi”. Eccolo il taglio. Perché lo sguardo va rivolto al futuro – lo sottolinea a più riprese Mura, moderatore dalla precisione “maniacale” –, perché occorre incoraggiare al bene comune e non al bene di pochi, perché è importante – anche e soprattutto in momenti come questi – far emergere le idee, le visioni, le proposte. «La politica ci è necessaria ed è sempre decisiva – prosegue nella sua introduzione – ed è da recuperare nei suoi aspetti migliori».

Lucia Chessa, Renato Soru, Alessandra Todde, Paolo Truzzu. Da sinistra a destra sul palco del teatro. Alternati e alternativi. Per scelte e per posizioni. A loro il vescovo chiede «le motivazioni che vi guidano» e ancora «quali speranze volete coltivare e costruire». Infine l’invito ad ascoltare e ascoltarsi: «Non siete marziani».

Anche la platea è invitata ad ascoltare, a non prorompere in un tifo da stadio. E alla fine la platea ha accolto. Un “brava” urlato alla Chessa e un fischio a Soru quando propone di «richiamare su base volontaria i medici in pensione» sono le uniche concessioni disobbedienti a una serata di grande spessore, di incontro schietto e pacato, di ragionamento su temi e problemi della terra sarda, in cui la Chiesa si è presa l’onere (e a fine serata forse anche l’onore) di aver riunito tutti per capire e ridare alla politica quella veste bella troppo spesso insudiciata.

Politica e motivazioni.

«Un politico guarda alle prossime elezioni; uno statista guarda alla prossima generazione. Un politico pensa al successo del suo partito; lo statista a quello del suo paese». Il vescovo parte dalle parole di James Freeman Clarke, teologo statunitense dell’Ottocento. Lucia Chessa – segretaria nazionale dei Rossomori, alla guida di Sardigna R-esiste, nata e cresciuta a Bitti – risponde che «è necessaria una offerta politica differente, perché il resto sappiamo cosa è stato». Renato Soru, candidato della Coalizione Sarda (Rif. Comunista, Sinistra Europea, Vota Sardigna, +Europa-Azione-Upc, Liberu, Progetto Sardegna), davanti alla «frase eccessiva» dichiara che «la politica è un popolo in cammino. Avanti e insieme. Devi avere in mente un traguardo, senza lasciare indietro nessuno». Cita De Gasperi Alessandra Todde, interprete delle dieci anime del Campo largo-Centrosinistra (5Stelle, PD, Psi-Sardi in Europa, Sinistra Futura, Demos, Alleanza Verdi Sinistra, Progressisti, Fortza Paris, Orizzonte Comune, Civica per Todde): «Politica è fare. Occorre mettere la propria morale al centro per far crescere la buona politica, quella con la P maiuscola». Il portabandiera del Centro destra (Fratelli d’Italia, Lega, Sardegna al Centro 2020, Riformatori, Forza Italia, Psd’Az, Udc, Dcr con Rotondi, Alleanza Sardegna Pli), Paolo Truzzu, sostiene l’idea di «una prospettiva di impegno politico che ci impegni a diventare ciò che vogliamo essere tra dieci anni, facendo gli interessi di tutti i sardi».

I temi del dibattito.

Spazio poi ai temi di più stretta attualità: dal disincanto e la disaffezione alla politica, con la percentuale dei votanti che in Sardegna si attesta al 53,7%, come dire un sardo su due non va più a votare, ai giovani che hanno ormai «sottratto dal loro vocabolario i concetti di speranza, possibilità, rivoluzione»; dalle leggi di mercato che tutto controllano a discapito spesso di equità e valorizzazione di beni e comunità, al ruolo della leadership e del gioco di squadra; fino ad arrivare allo spopolamento, al tema spinoso della sanità, specie di quella oncologica, dei livelli essenziali di assistenza sanitaria e infine al nodo trasporti.

I giovani.

Ecco, dunque, Todde che sui giovani rimarca l’importanza di «coinvolgerli, dando loro gli strumenti e la possibilità di studiare anche quando non ne hanno i mezzi. Non si può ricevere la borsa di studio sette mesi dopo l’inizio dei corsi». Truzzu sostiene che «c’è un errore di fondo, non solo nella politica, ma nell’intero sistema sociale: abbiamo fatto credere ai ragazzi che tutto sia a portata di mano, togliendo loro il desiderio e lo sforzo del sacrificio, non gli abbiamo fatto capire che si può anche perdere». E mentre Chessa fa autocritica «come insegnante, come politica e come esponente di una generazione altra», dichiara che «stiamo lasciando macerie a questi giovani in tutti i settori: la scuola, il lavoro, la sanità. Hanno ragione di puntare il dito». Soru risponde che «i giovani più che ascoltare, osservano. Delle nostre prediche se ne fanno davvero poco, mantengono però la voglia di cambiare il mondo, sono curiosi e interessati. Il politico deve investire sui giovani, come fa un padre di famiglia con i figli».

Politica e leggi del mercato.

Sulla politica chiamata a destreggiarsi tra le dinamiche dei mercati, l’esponente di centrodestra fa rilevare come «certe decisioni siano già prese da fuori, non solo a livello nazionale, ma a livello europeo, dove le lobby si muovono molto bene». La leader dei Rossomori insiste sulla necessità di «irrobustire la democrazia, non tanto la figura del presidente quanto gli organismi assembleari che rappresentano, quelli sì, i cittadini, e si appella al principio di sussidiarietà». Soru plaude alla domanda «bellissima e complicata», evidenziando non solo gli «abusi del mercato: il liberismo sfrenato, lo sfruttamento dei lavoratori, la tentazione delle aziende di conquistare posizioni di vantaggio», evidenziando però che «il mercato ha funzionato fino a oggi, ma ora tutto è cambiato: dalle tecnologie, ai numeri, alla creazione di nuovi monopoli. Al centro va messo il bene comune».

La candidata del Campo Largo insiste su una «classe dirigente europea forte e libera. La Sardegna non si è fatta sentire come avrebbe dovuto in Europa: avevamo gli uffici desolatamente vuoti. Occorre mettere insieme una classe dirigente che non abbia conflitti di interesse».

Spopolamento e gestione case vuote.

A Lucia Chessa l’apertura sul tema dello spopolamento: «È difficile vivere nei paesi piccoli in un’epoca dove è l’area urbana a farla da padrone, anche perché tutto ciò che era piccolo è stato soffocato, dal momento che non garantiva sicurezza e tornaconto. La gente non va a vivere nei borghi perché ci sono le case vuote, ma perché ci trova i servizi». Eppure – fa notare Renato Soru – «due terzi della popolazione sarda vive nei paesi. Il nodo è quello di dare una prospettiva. Credo che le tecnologie digitali possono invertire la tendenza di spostarsi nelle grandi aree, al pari di una nuova considerazione dell’ambiente. Sono ottimista». E strizza l’occhio a una «politica dell’accoglienza per chi viene da fuori». Alessandra Todde non la vede così semplice: «Se Area (l’Azienda Regionale per l’Edilizia Abitativa attraverso cui la Regione risponde alla domanda abitativa di soggetti in condizioni economiche e sociali disagiate, ndr) si occupasse davvero di manutenzione, se ci fossero i fondi per gli studenti fuori sede, se si lavorasse per recuperare il senso di coesione sociale, allora si renderebbe più semplice la vita a chi abita nelle piccole comunità». Ma Paolo Truzzu fa notare come «oltre il 90% delle abitazioni sono private. Le strade sono due: o si fanno più figli o si studiano strategie per portare le persone ad abitare quelle case. La vicende dell’Einstein Telescope è una sfida da non lasciarsi scappare».

Sanità e assistenza.

Su sanità e livelli sanitari essenziali il dibattito si fa ancora più corposo, con l’esponente della Coalizione Sarda ad aprire: «Giù le mani della politica dalla sanità: non può essere un luogo dove raccogliere consenso e potere, perdendo di vista la cura alle persone. Occorre entrare nella modernità, investendo sulla transizione digitale della sanità. La spesa sanitaria non è più bassa che nelle altre regioni. Paghiamo la disorganizzazione e un sistema che non funziona, pur avendo ottimi medici. Mancano anche gli infermieri. E non possono pagarne lo scotto i cittadini».

Dal centrosinistra emerge da un lato l’urgenza di mettere mano al «disastro delle infrastrutture stradali» e dall’altro l’importanza che «la sanità resti pubblica. Il privato serve ed è importante, ma non può sostituire il pubblico. Occorre allora rivedere i concorsi, proporre degli attrattori ai medici, ripartire dai distretti e dalla medicina territoriale, realizzare il registro dei tumori. Così come va ripristinato l’Oncologico di Cagliari e messa mano alla prevenzione, totalmente cancellata, e alla gestione del dopo intervento». L’allarme sale anche dal centrodestra: «Le previsioni per quest’anno dicono che un terzo degli ammalati non potrà fare radio terapia in Sardegna. Non serve una nuova riforma sanitaria, quella attuale ha luci e ombre. Piuttosto occorre intervenire sul coordinamento. E serve una nuova classe di medici: per questo sono state aumentate le borse di specializzazione. Così come è fondamentale investire sempre più su telemedicina e nuovi strumenti, sfruttando anche le risorse messe a disposizione dal Pnrr». Sulla riforma degli accessi alla professione interviene la candidata di Sardigna R-esiste, sottolineando le retribuzioni minime dei medici di guardia medica: «È necessario un vero piano di stabilizzazione e una revisione del rapporto tra pubblico e privato. Va anche ripensata la medicina territoriale per una popolazione che sta invecchiando sempre più, parlo dunque di assistenza domiciliare, perché la civiltà di un popolo si misura anche su questo: non lasciare i vecchi da soli a morire. Temo che nessuno stia facendo niente, visto anche le due precedenti riforme che hanno letteralmente asfaltato la sanità, imponendo decisioni solo dall’alto».

Trasporti e continuità territoriale.

Si chiude sui trasporti con la Todde che rileva quanto «la tariffa unica non funzioni: occorre un modello differente per il quale stanziare soldi sufficienti. Le compagnie non possono elaborare un bando di sei mesi in sei mesi, così come è necessario distinguere chi viaggia per motivi di salute o di studio. Non possiamo accettare i numeri dei flussi dettati dall’UE, ma dobbiamo presentare loro quelli che giustificano un nostro bisogno». Truzzu rimarca l’importanza di «andare a Bruxelles accompagnati dal governo e non in solitaria, utilizzare i fondi a disposizione per le regioni periferiche e ragionare sulla concorrenza dei nostri aeroporti», richiamando poi il modello in uso in Corsica e alle Baleari. Per la Chessa se è vero che «il diritto alla mobilità incrocia con le leggi europee», è altrettanto vero che «il diritto di ciascuno a spostarsi viene prima». Chiude Soru a ricordare i trascorsi da capo dell’esecutivo regionale: «Le leggi europee permettono di derogare per garantire il diritto ai residenti: ho avuto la possibilità di migliorare il servizio dei collegamenti, passando da due a otto città. Poi si è deciso di estenderlo a tutti e si è fatta avanti la tariffa unica. A quel punto l’Europa si è fatta sentire ed è riesploso il problema. Se io fossi Presidente, giustificherei il diritto dei sardi e andrei a Bruxelles. Questo lo si può fare».

Dopo oltre due ore la platea applaude a lungo tutti e tutto. Lo stile e il modo di argomentare. La Politica riparta da qui.

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…e sentirai la strada far battere il tuo cuore

di Claudia Carta.

Mi ritorna in testa l’incipit di un vecchio canto: «Avevo tanta voglia di viaggiare. Tu mi dicesti: “Vai!” e io partii…». Il fatto che la canzone non mi piacesse è totalmente secondario. Mi piace, invece, e mi viene naturale accostare a quei pochi versi, l’esperienza di vita che i nostri sei seminaristi stanno vivendo.

Un viaggio lo è di sicuro, la voglia di viaggiare c’è ed è stata talmente forte da aver mosso il primo passo. Ma soprattutto quel “Vai” detto da quel Tu.

Qualcuno – come Antonio Carta di Jerzu – lo avevamo incontrato nel 2016 durante il suo anno propedeutico, a mostrarci il biglietto di questo viaggio. Oggi lo ritroviamo pronto a essere ordinato diacono: «In questi otto anni di vita ecclesiale vissuti tra la fraternità della comunità seminaristica, la facoltà teologica e la molteplicità delle esperienze pastorali parrocchiali– spiega –, posso affermare di aver più volte fatto esperienza di un Dio che è Amore. Un Dio sempre pronto a tendere la mano ogni qual volta ho rischiato di precipitare nel baratro del mio egoismo e che sempre mi ha stretto, e mi stringe, in un abbraccio paterno e materno, di infinita tenerezza. Nel cammino di direzione spirituale di questi anni ho imparato che ogni giorno il rapporto col Signore cambia. A volte cresce, si intensifica. A volte diminuisce, affievolendosi. Mai resta uguale». Vocazione, dunque, assume davvero un significato pieno e dinamico: «Significa mettersi in ascolto e in dialogo, ogni giorno, col Dio di Gesù Cristo che chiama ciascuno a costruire il suo Regno, già qui e ora, nella concretezza di ogni giorno».

Questo è un viaggio che però spesso arriva dopo altri viaggi, altre esperienze, altre vite. Ingegneri, professionisti, avvocati… Si è tante persone, fino a quando il desiderio di essere se stessi in modo totalizzante diventa dirompente. È il caso di Paolo Balzano, di Lanusei, Accolito da due mesi: «Sono entrato in seminario dopo una vita di lavoro e studio, una scelta singolare – dice –. Mi rendevo conto che il Signore mi chiedeva di mettermi in cammino, di cambiare tutto, di stare di più con i fratelli. Avevo tanto, ma mi mancava la vera realizzazione. Non sapevo come fare, ero cosciente della mia vocazione presbiterale fin da quando ero ragazzo, però non avevo mai acconsentito a viverla, c’era sempre stato qualcosa che mi aveva fatto rinviare. Finché non avvenne qualcos’altro. Capii questo: non potevo fare tutto da solo! Mi affidai al mio parroco, il caro Don Minuccio, e poi al vescovo Antonello, che mi propose il seminario. Rimasi perplesso all’inizio, tuttavia mi fidai del suo consiglio, che non comprendevo appieno, e oggi penso di aver fatto bene. Ho avuto molto più di quanto potessi immaginare. Ecco, Maria meditava in silenzio i fatti di Gesù, che forse non poteva comprendere, è andata avanti amando, anche sotto la croce. Il nostro cammino, il cammino che è la vita, può essere così». E per definire questo cammino, Paolo sceglie tre parole: «Gioia, dono, perseveranza».

Anche Francesco Romano di Perdasdefogu macina chilometri di discernimento, formazione e preghiera. Ora è Lettore. Una scintilla, la sua, nata nel cuore dell’Azione Cattolica: «Stando con i bambini ho capito che il Signore mi chiamava a donarmi tutto a lui in un modo particolare. In AC ho sperimentato la gioia del dare, con il tempo ho visto quanta gioia, sempre più grande, il Signore dona a chi offre tutto sé stesso. Così ho deciso di mettermi nelle sue mani per riuscire a portare a tutti, a mia volta, quell’amore con cui mi sono sentito amato e quella gioia che aveva solo iniziato a farmi gustare». La bellezza del cammino, poi, è data anche dai compagni di strada. E Francesco lo sa bene: «Non sempre è tutto semplice – aggiunge –, ma il Signore provvede anche attraverso i compagni a ricordarci che non ci lascia soli. I compagni di seminario sono come una grande famiglia, non la si sceglie ma ti capita, ed è bello ricordarsi come tutti, sebbene diversi tra noi, siamo là a condividere un percorso perché amati e chiamati, e questo anche nel piccolo della nostra realtà aiuta a sperimentare la bellezza della Chiesa, che va oltre la propria parrocchia e la propria diocesi».

C’è, insomma, chi inizia a intravedere un traguardo – ammesso e non concesso che ci si senta arrivati – chi è a metà dell’itinerario e chi si è appena mosso dai nastri di partenza.

Ivan Loi, anche lui di Perdasdefogu, si guarda intorno, guarda i ragazzi che oggi volessero fare la sua stessa scelta. Le idee sembrano chiare su cosa dire loro: «Diventare sacerdote è una bella sfida – ammette –, potersi offrire interamente al Signore e ai fratelli, in un secolo dove regna sovrano l’egoismo e la poca volontà di farsi prossimi. Interrogarsi sulla volontà di Dio per noi, chiedersi quotidianamente: “Signore, che cosa vuoi che io sia e che cosa io faccia per Te”? Ricordarsi di essere servi, per Dio, e per gli uomini. Mi è molto cara una frase che citava il Beato Giovanni Paolo I durante un’omelia che mi accompagna tutt’ora nel cammino propedeutico: “Il Sacerdote deve esser pane, deve lasciarsi mangiare interamente dalla gente, mettersi a disposizione, farsi servo per compiere a pieno la Volontà di Dio”. Dove si serve, si regna».

E Ivan che sacerdote vorrebbe essere? «Quello che il Signore riterrà più opportuno – risponde –, chiedendogli la grazia, attraverso il mio futuro servizio sacerdotale, di poter attirare i più smarriti a Gesù, vivendo appieno ciò che predicherò, assimilando totalmente la Parola, comprendendola, vivendola e diffondendola».

Chi è abituato alla bellezza – dell’arte e della cultura – e che ha voluto attingere per la sua vita a una bellezza ancora più grande è Gian Michele Ladu di Lotzorai a cui il vescovo ha riservato un’esperienza di discernimento nella Penisola, vicino Roma: «Il contesto dei mie studi e i miei interessi legati alla storia dell’arte e ai beni artistici hanno fatto da cornice alla mia vita – racconta – anche se il Signore già dall’infanzia mi aveva messo in cuore il desiderio di intraprendere la strada per il sacerdozio. Un proposito che negli ultimi tempi non si era per niente assopito, anzi sembrava aver preso ad ardere ancora più voracemente. Sono tante le esperienze e le persone che mi hanno aiutato lungo il cammino di discernimento. Ricordo con sincera stima la figura di Mons. Mario Mereu che ha accompagnato la mia adolescenza e la mia crescita umana incoraggiandomi, sostenendomi con l’esempio e la preghiera. Lo scorso settembre – continua – ho iniziato l’anno propedeutico al seminario presso la comunità di Nuovi Orizzonti a Frosinone. Sento forte l’azione dello Spirito Santo che, grazie anche al carisma dell’associazione, mi sta facendo assaporare diverse esperienze umane e spirituali molto forti».

È giovanissimo Daniele Scattu di Lanusei, ma sa bene cosa questa scelta significhi per lui: «Trovo ancora una volta la risposta quotidiana ai tanti interrogativi che mi sono posto e il desiderio di vederli orientati verso una direzione, quella della maggiore conoscenza di Dio, secondo le mie sensibilità e il sostegno spirituale che mi accompagna. A noi seminaristi è chiesto di farci cooperatori del progetto di Dio che è la Chiesa, un nuovo strumento di creazione per cui Dio scommette su noi: è il Signore che crea e agisce». E sottolinea l’importanza della famiglia e degli amici: «La famiglia svolge un ruolo fondamentale, generando al primo desiderio di fede e continuando a incarnare quel comandamento che è il totale dono di sé agli altri. I miei amici, nella loro vicinanza, continuano ad accompagnarmi, a confrontarsi con me, anche in modo critico, a testimonianza di quanto, donando il nostro tempo agli altri, riceviamo tanto».

E il ritornello di quel vecchio canto torna ancora una volta per dire che: «…la strada è tanto lunga e tanto dura, però con te nel cuore non ho paura».

Premio San Giorgio

Premio San Giorgio: i vincitori e il ricordo di Paolo Pillonca

di Anna Maria Piga.
Si è conclusa con successo, lo scorso 22 novembre nell’aula magna del seminario vescovile, la XXIX edizione del “Premio Letterario San Giorgio Vescovo”, organizzato dalla Diocesi di Lanusei tramite l’Associazione Culturale sarda Ogliastra

La buona musica eseguita dalla giovanissima pianista Gaia Piras della Scuola civica di musica ha dato avvio a una serata di grande intensità e spessore culturale.
Il ricordo di Paolo Pillonca, più volte giurato del Premio, ha preceduto la lettura degli esiti del concorso. Alla presenza dei familiari – Maria Grazia, Pier Sandro e Tonio – Giacomo Mameli e il vescovo Antonello Mura ne hanno delineato le non comuni qualità di docente, giornalista, poeta.
La Giuria del Premio, presieduta da Anna Maria Piga e composta dai giurati Alessandra Carta, Giorgio Mameli e Giacomo Mameli, ha esaminato attentamente i lavori pervenuti, esprimendo un giudizio unanime.

Nonostante il limitato numero di partecipanti, le opere pervenute sono state tutte di notevole pregio. Per la sezione Tesi di Laurea, sono state presentate tre tesi, di cui due magistrali, provenienti dal Politecnico di Torino e dall’UAV (Istituto Universitario di Architettura di Venezia) e dall’Università di Cagliari. Per la sezione Opere Edite, sono pervenute due pubblicazioni.
Il Premio Tesi di Laurea è stato assegnato, ex aequo, alle due tesi in Urbanistica degli architetti Giulia Demurtas (Iuav di Venezia) e Giacomo Lai (Politecnico di Torino).
Le loro analisi sull’aspetto urbanistico di Perdasdefogu hanno evidenziato problemi di abbandono, disordine edilizio e spopolamento, proponendo soluzioni moderne che si ispirano alla tradizione comunitaria. Un contributo di rilevante importanza per comprendere e affrontare le sfide urbane contemporanee.
Il professor Antonio De Rossi del Politecnico di Torino, autore del libro Riabitare l’Italia, in diretta streaming con la sala ha confermato l’attualità della ricerca dei due architetti premiati.

Il Premio della Giuria per le Opere Edite è stato assegnato al volume Flora d’Ogliastra. Un contributo per la sua conoscenza, di Carmine Scudu, edito da Grafiche Pilia, che ha ricevuto particolare apprezzamento per il suo valore culturale e botanico, oltre alla veste grafica di alta qualità. La professoressa Malvina Urbinati dell’Università di Sassari, autrice della prefazione, ne ha sottolineato il valore e la puntualità della ricerca.
La Giuria auspica che nella prossima edizione, la trentesima, l’interesse per l’intera Ogliastra si rinnovi, coinvolgendo soprattutto i giovani. Si sottolinea l’importanza di focalizzare l’attenzione su regioni interne della Sardegna in fase di stagnazione economica, incoraggiando la presenza di tesi apprezzate anche al di fuori della Sardegna che ampliando l’orizzonte contribuiscano a contrastare l’isolamento.

La Giuria ringrazia la Diocesi di Lanusei con il vescovo Antonello per il patrocinio e l’energia stimolante dedicata al benessere collettivo, anche attraverso questa iniziativa.

[Foto Laura Porcu]

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Chiesa tra la gente, per la gente

di Claudia Carta.

Una “Parola” con la P maiuscola. In un tempo dove le parole – dette, scritte, urlate, sprecate – scorrono a fiumi, ci vuole tempo e bravura a trovare le parole giuste. Ci vuole coraggio. Di più: occorre discernimento. E se è vero che per “imparare” a discernere non basta una vita, è altrettanto vero che fermarsi a riflettere su cosa significhi è cosa buona e giusta. Ecco, dunque, spiegato il senso di un titolo: “Una Parola per la vita”, meglio definito dal sottotitolo: “Leggere e interpretare la storia alla luce della Bibbia”.

È il tema del convegno ecclesiale della diocesi di Lanusei svoltosi sabato 21 ottobre a Tortolì presso l’Auditorium Fraternità. Tra i relatori, oltre al vescovo di Lanusei e di Nuoro, Antonello Mura, presidente della Conferenza Episcopale Sarda, il cardinale Augusto Paolo Lojudice, arcivescovo di Siena e vescovo di Montepulciano-Chiusi-Pienza e il biblista don Dionisio Candido. Davanti a loro, uno spaccato della chiesa ogliastrina: 600 tra collaboratori parrocchiali e diocesani, insegnanti di religione, sacerdoti e religiosi, catechisti e associazioni, famiglie e volontari Caritas, questi ultimi come sempre esempio virtuoso di collaborazione, servizio e dedizione, che hanno reso i momenti dell’accoglienza, del pranzo comunitario e delle pause dai lavori autentici spazi di condivisione e cordialità, curati con amore e attenzione.

Una giornata che ha annoverato tempi di ascolto e di preghiera, culminati con la celebrazione eucaristica della sera, di dialogo e confronto, illuminata dallo “spirito sapienziale” del Sinodo – e non poteva essere diversamente, vista la presenza ai lavori di Roma dello stesso vescovo Antonello per nomina pontificia – che ha provato a indicare i “criteri biblici per discernere la realtà” e conseguentemente a comprendere “qual è la Parola giusta per la realtà ecclesiale e sociale di oggi”.

A Dionisio Candido l’arduo compito di tracciare l’identikit dell’uomo che discerne, tra Antico e Nuovo Testamento fino ad arrivare alle dritte per l’uomo contemporaneo: «La persona che discerne si muove in orizzonte di fede, in rapporto stretto con Dio. È capace di comprendere la realtà, di riconoscere il volere del Signore, staccandosi dalle paure e inserendosi in una rete di relazioni e legami con la comunità. È un “sapiente” che ha ricevuto un dono, ma lo condivide, consapevole che la fede integra il mistero della Pasqua, dal Venerdì Santo alla domenica di Resurrezione. Non mortifica gli altri, qualora non abbiano gli stessi suoi carismi, non scappa dalla difficoltà, ma persegue quella gioia profonda ed eterna, valutando tutto quanto accade e verificando, volta per volta, tutto ciò che può avvicinare o allontanare da Dio».

Per fare tutto questo sono fondamentali due cose: «Mettere sempre al centro la persona umana – sottolinea il cardinale Lojudice – perché la realtà è sempre l’uomo. E poi serve ascoltare per camminare insieme. Perché non è vero che siamo pochi, è che siamo molto disorganizzati: le risorse umane ci sono, così come c’è tanto bene, solo che si vede molto poco. C’è bisogno di laici corresponsabili, capaci di valorizzare i carismi di tutti e c’è bisogno di tornare alla centralità della parrocchia, perché se manca l’atteggiamento di vicinanza, di presenza, di testimonianza nella più piccola comunità, possiamo fare mille progetti o affrontare mille temi senza andare da nessuna parte».

Da qui l’invito del vescovo Antonello alla sua chiesa locale, anche alla luce della sua esperienza sinodale che fa comprendere cosa significhi essere cattolico, dunque universale per fede, per storia, ma dove i bisogni sono diversi, come dire saper leggere e trovare l’unità nelle differenze: «Siate coraggiosi! Avanzate idee e proposte che possano aiutarci perché è l’ottica ecclesiale, universale, la cosa importante. La Chiesa respira con una grandezza che non si può rinchiudere in spazi ristretti: la grandezza, infatti, non è la mia o la tua, ma la nostra. Serve coraggio e umiltà, senza lamentele. A volte emerge un’immagine della Chiesa che è frutto di un pensiero prevenuto, di un pregiudizio; persino chi commenta oggi il Sinodo è lontano da tutto quanto davvero accade e da ciò che significa nel profondo. Come fare, dunque, ad aiutare la chiesa locale seguendo il cammino di quella universale? La profezia parte sempre dalla realtà, dal presente, immaginando un futuro possibile».

Pubblico La Caletta 2

La Chiesa che fa cultura è sempre una certezza

di Claudia Carta.

Un punto interrogativo e uno esclamativo. La domanda e l’affermazione. Fascino e desiderio. Parole e silenzi. Musica e preghiera. La Pastorale del Turismo traccia così le sue pennellate, fra le stelle cadenti di agosto e il cielo settembrino che profuma di pioggia. Lo fa con quello stile inconfondibile che le è proprio, ideato, progettato e costruito in nove anni, e che mai nulla lascia al caso e all’improvvisazione. Anzi. Più questa storia scorre, più si affina, ne cura i dettagli, ne smussa gli angoli, ne perfeziona forma e sostanza.

La forma racconta di 21 giorni di eventi ospitati all’aperto, nell’Anfiteatro Caritas di Tortolì e nell’Area Fraterna de La Caletta di Siniscola; di 24 protagonisti, personaggi noti al grande pubblico, fra radio, televisione, cinema e teatro, mondo della comunicazione, dello sport e dello spettacolo, della medicina e della scienza, altri che si sono distinti per il loro operato e la loro professionalità, per la loro fede e l’attenzione ai più fragili, per la capacità di trasmettere messaggi e contenuti positivi; di 12 comunità che hanno curato l’accoglienza: Villaputzu, Talana, Elini, Lanusei, Girasole, Perdasdefogu, per la diocesi di Lanusei; Posada, Lodè, Dorgali, Bitti, Gavoi, Nuoro (N. S. delle Grazie) per quella di Nuoro; di 1 mostra fotografica, giovane, fresca, luminosa, non solo perché incastonata tra cornici e pannelli giallo sole, ma perché luminosi sono i volti dei ragazzi che, silenziosamente, sussurrano la “terra di mezzo” che è l’adolescenza: “Dittici. I volti e il tempo” di Pietro Basoccu; di 6 cortometraggi, a disegnare nuove Camineras sotto lo sguardo attento di Vincenzo Ligios, maestro nel mettere insieme giovani videomakers e respiri di cinema: Cristiana Pesarini, Vincenza Asoni, Matteo Pedditzi, Arianna Lodeserto, Maurizio Loi, Daniele Arca, Simone Paderi, Alessandro Drudi; di 1 équipe interdiocesana guidata dal vescovo Antonello Mura, mente, cuore, adrenalina ed energia a servizio del progetto; di volontari, tecnici, maestranze, della loro professionalità e competenza, unite a una disponibilità che si fa umiltà e discrezione; di 20mila presenze totali – oltre alle quelle virtuali a cui la tecnologia digitale offre un regalo prezioso – a sottolineare come la forma si sia fatta sostanza.

Sì, perché la sostanza è racchiusa non solo il quel “Fascino del dubbio, desiderio di certezze”, leitmotiv che ha accompagnato ogni singolo appuntamento della manifestazione estiva diocesana, ma in quel mix di stupore e fraternità che abbraccia il concetto stesso di Pastorale del Turismo, che descrive – ma ormai da nove anni realizza – un’estate diversa. Non un contenitore di eventi, dunque, ma «un progetto ecclesiale con l’aspirazione di essere culturale, quindi attento a idee, temi e orizzonti che aiutino a pensare e a offrire contenuti attuali e decisivi per la nostra vita». Eccola la visione del vescovo Antonello, quanto mai aderente ai tempi, più che mai rispondente all’esigenza di essere stimolati, di non accontentarsi mai, seguendo quel «desiderio infinito di avere risposte, certezze», dinanzi a un bagaglio di esperienze – il nostro – «mai esente da dubbi».

E tutti gli ospiti della kermesse agostana e settembrina ne hanno parlato e ci hanno fatto i conti: un grande del cinema come Pupi Avati; insieme a lui un altro regista, questa volta della nostra terra, Salvatore Mereu; gli artisti nazionali di casa in teatro e alla televisione, quali Giovanni Scifoni, Neri Marcorè e Domenico Mariorenzi; e poi giganti della prossimità, del servizio agli ultimi, evangelizzatori con la vita tra le periferie esistenziali, fra i drammi causati dal dolore, dall’emarginazione, dalla violenza e dalla solitudine, senza aver mai paura di parlarne, quali don Gino Rigoldi, insignito del Premio Persona Fraterna 2023, don Fortunato Di Noto e la psicologa Chiara Griffini; senza tralasciare il messaggio che anche la musica porta con sé, cantando la vita con i suoi saliscendi, le sue rotte, le sue virate, le sue tempeste e le sue bonacce: Niccolò Fabi e Simone Cristicchi – quest’ultimo in coppia con don Luigi Verdi, anima della fraternità di Romena – ne sono stati un fulgido esempio; e ancora l’attenzione alla comunicazione, ma ancor più all’informazione corretta e scevra da bufale e imbrogli, sottolineata sia dalla presenza tutta al femminile di professioniste isolane che sono arrivate in alto grazie alla loro determinazione, la loro caparbietà, il loro studio e la loro abnegazione, a dispetto di un mondo ancora profondamente sbilanciato al maschile: Mariangela Pira di Sky News, Lucia Capuzzi de L’Avvenire, Elvira Serra de Il Corriere della Sera e Carla Frogheri del Giornale Radio Rai; sia dalla presenza di giornalisti del calibro di Nello Scavo, quest’anno affiancato da David Puente; per arrivare alle glorie dello sport – Gianfranco Zola e Andrea Lucky Lucchetta – e alla necessità di riscoprire una cultura sportiva autentica, non sopraffatta dal business e dalle dinamiche del mercato; fino a giungere agli Istentales di Gigi Sanna, a un ironico e spassoso ma quanto mai attuale Giacomo Poretti, per concludere con l’altalena tra dubbi e profondi desideri di certezze che deriva dalla scienza – oggi ancor più dall’intelligenza artificiale che rischia di ingoiare tutto e tutti – e dalla fede, guidati dalle provocazioni e dai ragionamenti di Paolo Benanti e dell’astrofisico Marco Bersanelli.

Promossa anche la novità di quest’anno: sfruttando uno strumento al quale affidiamo quotidianamente la nostra vita, il cellulare, è stato possibile interagire con gli ospiti, sottoporre loro domande, curiosità, osservazioni, trasformando l’Area Fraterna e l’Anfiteatro Caritas in un incontro familiare, dinamico e coinvolgente, nei quali realizzare quella condivisione che ci rende tutti – credenti e no – «umanità in ricerca».