In breve:

Quando partire è inevitabile e ritornare è un miraggio

partire

di Claudia Carta.

In uno studio presentato lo scorso anno dal Crei Acli, il Comitato Regionale Emigrazione e Immigrazione delle Acli della Sardegna, è emerso il quadro generale dei sardi dislocati nel mondo – in larga parte giovani – e iscritti all’Aire, l’Anagrafe degli italiani residenti all’estero. Sono 123.212. 

Una fotografia che vede la bandiera dei Quattro Mori sventolare per l’87% nei paesi del continente europeo contro il 54% del dato globale degli italiani nel mondo. Meno del 10% dei sardi iscritti all’Aire risiede nel continente americano, contro il 40% degli Italiani.

Germania, Francia e Belgio i paesi dove i colori rossoblù sono più rappresentati, seguiti da Svizzera, Paesi Bassi e Argentina.

Se andiamo poi a considerare la carta d’identità, solo 20mila gli over 65 – per loro il paese più accogliente è la Francia – mentre oltre 75mila sono le persone in età attiva. E i giovani? Superano le 25mila unità e vanno da 0 a 24 anni. Se guardiamo al genere, donne e uomini sono parimenti rappresentati, sia pur con una leggera prevalenza maschile (53%).

Che i giovani siano la risorsa più preziosa non è certo un segreto. Non lo è nemmeno il fatto che prendano il volo oltre mare – e spesso oltre oceano – soprattutto per questione lavorative o per un’adeguata formazione universitaria e post lauream. Ragion per cui, nel commentare i dati dello studio in oggetto – indagine realizzata da parte di Crei Acli e Regione Sardegna in collaborazione con Fondazione di Sardegna, Iares e Acli Sardegna – lo stesso presidente Crei-Acli, Mauro Carta, ha sottolineato quanto «sarebbe bello incoraggiare e incentivare politiche di ritorno sia per i giovani sardi, sia per gli over 65». Gli fa eco l’assessore regionale del lavoro, Alessandra Zedda, che ne valorizza comunque la presenza e l’importanza anche fuori dal territorio isolano: «Portano l’immagine dell’isola nel mondo – ha sottolineato – e sono dei testimonial non solo dei nostri prodotti gastronomici ma di tutto il territorio. Stiamo incentivando anche l’uso dell’attrezzatura tecnologica in questi tempi di pandemia per stare più vicini, e progetti per rimanere in costante collegamento. Mi piacerebbe in futuro che più che di circoli si parlasse di comunità».

I circoli sardi nel mondo sono 110 e coinvolgono circa 30mila associati. Il numero più alto di comunità è in Germania: 10. Ma sul rientro, tutti si rivelano sostanzialmente scettici: «Chi è andato via – sostengono numerosi giovani lavoratori e professionisti residenti all’estero – lo ha fatto anche perché non soddisfatto del sistema scolastico e universitario e della possibilità di fare impresa. Bisognerebbe cambiare queste condizioni, che non dipendono comunque dalla Sardegna. Vedo più possibile un ritorno per chi continua a vedere la Sardegna come un punto di riferimento. Ma solo dopo che ha finito di lavorare».

È un po’ anche il quadro che emerge tra i tanti ogliastrini – alcuni dei quali abbiamo raccontato nelle pagine che seguono –: l’Ogliastra ce l’hanno sempre nel cuore, certo, ma qui tornano per le vacanze o per riabbracciare gli affetti più cari. Quando però si parla di lavoro, di opportunità, di soddisfacimento e gratificazione per le proprie competenze e professionalità, il voto è sostanzialmente insufficiente non solo nei confronti dell’attuale sistema di reclutamento, impiego e retribuzione della forza lavoro, ma anche per l’esiguo numero di buone pratiche ed eventuali nuovi progetti posti in essere da una politica ancora incapace di valorizzare le eccellenze locali.

Con l’auspicio che quell’arrivederci Sardegna non si trasformi in un addio e che la speranza di un punto interrogativo non crolli dinanzi alla certezza desolante di quello esclamativo.

 

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