In breve:

Rallegriamoci ed esultiamo!

Sorriso

di Claudia Carta.
Per una singolare coincidenza mi ritrovo a scrivere queste semplici parole nel giorno in cui viene presentata al mondo intero la nuova esortazione di Papa Francesco, Gaudete et exsultate.
La bellezza di un tale invito, di una simile sollecitazione da parte del Santo Padre, richiama alla mia mente la luminosa e, al tempo stesso, intensa espressione che risuona durante la solenne veglia di Pasqua nel canto liturgico – altro incitamento – dell’Exsultet (preconio pasquale): «O immensità del tuo amore per noi!». La luce che vince il buio. La vita che trionfa. La morte che non ha e non avrà mai l’ultima parola. E un amore totale e totalizzante che zittisce e annulla ogni male, ogni miseria, ogni debolezza. L’inno alla gioia della Chiesa universale!
Rallegratevi ed esultate, ci dice oggi Bergoglio.
La singolare coincidenza di cui ho detto in apertura mi presenta subito il rovescio della medaglia – che, forse, a pensar bene, potrebbe essere semplicemente la tessera immancabile di un puzzle perfetto –, con i venti di guerra che soffiano minacciosi sul Mediterraneo orientale, la tensione che sale altissima tra Stati Uniti e Mosca, i corpi senza vita dei bambini siriani sotto le macerie, il cecchino israeliano che spara a un palestinese e poi esulta o, per restare a casa nostra, l’ennesimo agguato dai connotati mafiosi a Vibo Valentia, in Calabria, prof picchiati e umiliati da alunni e genitori, anziani accoltellati nelle loro case per mettere in tasca quattro soldi di pensione. Se a tutto questo aggiungiamo il dilagare della corruzione a tutti i livelli, in particolare nella pubblica amministrazione, l’emergenza educativa e un disagio sociale fuori controllo, beh…di motivi per cui rallegrarsi ce ne sono davvero pochi!
Eppure. Rallegratevi ed esultate. Perché? Per quell’amore che vince il mondo e a cui spetta, inesorabilmente, l’ultima parola: «Ci sono momenti duri – si legge nell’esortazione apostolica – tempi di croce, ma niente può distruggere la gioia soprannaturale, che “si adatta e si trasforma, e sempre rimane almeno come uno spiraglio di luce che nasce dalla certezza personale di essere infinitamente amato, al di là di tutto”. È una sicurezza interiore, una serenità piena di speranza che offre una soddisfazione spirituale incomprensibile secondo i criteri mondani».
Come dire che più è buia la notte, più si può vedere la luce. Più siamo prostrati, più dobbiamo alzare gli occhi al cielo. Il cristiano autentico non può avere «uno spirito inibito, triste, acido, malinconico, o un basso profilo senza energia». È «capace di vivere con gioia e senso dell’umorismo. Senza perdere il realismo, illumina gli altri con uno spirito positivo e ricco di speranza. Essere cristiani è “gioia nello Spirito Santo” (Rm 14,17)». È una delle caratteristiche dei Santi.
Ecco, il Papa va oltre: ci ricorda, con Cristo, che siamo chiamati alla santità. A una vita di beatitudine, di felicità piena, attualizzando il discorso della montagna alla nostra vita di tutti giorni, fra le nostre strade, nelle nostre case, in mezzo alle nostre comunità, civili e parrocchiali. Qui e ora. Declinando le singole beatitudini, “alla luce del Maestro”. È sorprendente quanto quelle parole siano attuali!
Impossibile? Neanche un po’. È la santità della porta accanto: «Mi piace vedere la santità nel popolo di Dio paziente: nei genitori che crescono con tanto amore i loro figli, negli uomini e nelle donne che lavorano per portare il pane a casa, nei malati, nelle religiose anziane che continuano a sorridere. In questa costanza per andare avanti giorno dopo giorno vedo la santità della Chiesa militante. Questa è tante volte la santità “della porta accanto”». E ancora: «Quello che conta è che ciascun credente discerna la propria strada e faccia emergere il meglio di sé, quanto di così personale Dio ha posto in lui. […] Non ti scoraggiare, perché hai la forza dello Spirito Santo affinché sia possibile. […] Quando senti la tentazione di invischiarti nella tua debolezza, alza gli occhi al Crocifisso e digli: “Signore, io sono un poveretto, ma tu puoi compiere il miracolo di rendermi un poco migliore”».
È per me, è per ciascuno di noi. È per chi ha il cuore ferito, amareggiato dalla tristezza, schiacciato dalla cattiveria altrui, provato fino allo stremo delle forze, solo, umiliato, disperato.
Coraggio! Ascoltiamo. Viviamo la profezia e rallegriamoci. Siamo chiamati alla gioia. Perché – per usare le parole del nostro vescovo – «chi crede moltiplica la gioia, moltiplica la fede».

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