In breve:

Settembre, andiamo

Vigneti

di Claudia Carta.
Ha una forza strana, settembre.
Se fosse un verbo, sarebbe ricominciare. Se scegliesse una parola, scriverebbe cambiamento. Settembre ha dentro di sé il sentore del nuovo, il profumo del diverso, la percezione della rinascita. Eppure tutto si prepara a quello che sarà il lungo sonno dell’inverno.
Solo settembre conosce quel tripudio di colori che accende di mille sfumature boschi e colline, che spegne gli ultimi bagliori d’estate, portando una brezza leggera. Diversa.
A settembre succedono giorni di cielo sceso in terra. Si abbassa il ponte levatoio del suo castello in aria e giù per una scala azzurra il cielo si appoggia per un poco al suolo (Erri De Luca).
Innegabile. Non c’è animo che non suoni le corde della nostalgia per quel profilo d’autunno che si intravede all’orizzonte, mentre le sere si allungano. Ma quel nuovo che bussa forte, svegliando e scuotendo di dosso il torpore dell’estate, di corpo e mente ormai rilassati, reca con sé tutta l’euforia dell’inizio.
Settembre, caput anni. Nella lingua sarda – richiamo a quello che era l’antico calendario bizantino – è la celebrazione del primo mese dell’anno: segnava, e segna tutt’oggi, l’inizio della annata agraria.
Proprio l’8 settembre (natività della Vergine Maria) si rinnovavano, e si rinnovano, i contratti legati all’agricoltura e alla pastorizia: il lavoro nei campi, i contratti di mezzadria, di servo-pastore. Giorni di bilanci e resoconti. Giorni di viaggi e spostamenti. Transumanze e migrazioni.
Settembre, andiamo. É tempo di migrare. Ora in terra d’Abruzzi i miei pastori lascian gli stazzi e vanno verso il mare: scendono all’Adriatico selvaggio che verde è come i pascoli dei monti (Gabriele D’Annunzio).
Per ogni fine, c’è un nuovo inizio. E quando tutto inizia, lo sguardo volge lontano. Gli occhi si alzano al cielo. Chissà che anno sarà… Chissà che cosa porterà… Tra le mani, fra i pensieri, nel cuore, la speranza. Come la penna che scrive su un foglio bianco. Come le mani che preparano il terreno per la semina. Come un bambino al primo giorno di scuola. Niente è maggiormente intriso di speranze e attese come l’inizio di una storia nuova.
Guarda settembre come ti apre il bosco e sovrasta il tuo desiderio. Apri le mani, riempile con queste foglie lente, non lasciar che una sola vada perduta (Eugenio Montejo).
Ogni storia, ogni vita, ogni epoca è stata – e lo sarà sempre – continuamente segnata dai cambiamenti. Tutto in profondo divenire. E se da un lato questo riesce molto bene a sconvolgere noi, così profondamente abituati ai nostri tempi, ai nostri ritmi, alle nostre prospettive, ai nostri spazi, ai nostri confini, dall’altro ci invita a riproporci, a rinnovarci, e reinventarci, a ridimensionarci con il nuovo che avanza, che entra, che si pone ineluttabilmente accanto a noi, lungo i giorni della nostra quotidianità. Senza dimenticare chi siamo. Ma ricordando che gli altri siamo anche tutti noi.
Finita è la notte e la luna si scioglie lenta nel sereno, tramonta nei canali. È così vivo settembre in questa terra di pianura, i prati sono verdi come nelle valli del sud a primavera (Salvatore Quasimodo).
È così vivo, settembre, dunque. Andiamo. Ripartiamo dal buono che c’è. Dal papà salvato nella sua macchina appesa fra le macerie del ponte Morandi che ha potuto vedere il figlio nascere due giorni dopo; da Christ e Cissé, i due ragazzi ivoriani che dopo l’inferno sui barconi hanno trovato, prima a Ulassai, poi a Cagliari un nuovo futuro da scrivere grazie allo sport e alla vicinanza di tanti giovani ogliastrini; dall’intraprendenza e dalle capacità dei protagonisti di DigitOn, la maratona digitale nazionale che ha premiato i cervelli sardi di Eablock…
Ripartiamo da noi, sempre più cittadini d’Europa e del mondo. Tutti uguali. Tutti uomini.

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