In breve:

Stelle e strisce

Kamala

di Claudia Carta.
Bianco come Kamala.
Diciamo la verità. La forza dirompente e la tenacia che brandiscono il vessillo democratico sulle presidenziali americane 2020 hanno il colore e il sangue dellaprima donna vice presidente nella storia degli Stati Uniti. A comandare è già la Harris, ironizza (ma non troppo) qualcuno. E c’è già chi la vede perfettamente proiettata a essere lei, fra quattro anni, la prossima inquilina della Casa Bianca. Giudice di ferro, già procuratore generale della California, cioè a dire la massima autorità giudiziaria esistente nello Stato.
Lei, laurea con lode in giurisprudenza ad Harvard. E scusate se è poco.
Donna. E scusate se non è semplice.
Figlia di immigrati. Mamma indiana, oncologa, e papà giamaicano, docente di economia.
Nera. E scusate se… addirittura!
Non si capisce perché – o forse si capisce più di quanto si pensi – la vittoria (riconteggi trumpiani e quant’altro permettendo) della coppia Biden/Harris è salutata con un tripudio generalizzato, a volte persino trasversale, da un lato all’altro di entrambi gli emisferi terrestri. E chissà se a qualcuno la mascherina inneggiante al Tycoon ha soffocato il respiro giù in fondo alla gola. Ma tant’è.
Con gli Stati Uniti che registrano oltre 10 milioni di positivi al Covid-19 e i decessi che raggiungono quota 240mila, con il mondo a scandire il suo contatore inesorabile fatto di 50milioni di casi e più di un milione di morti, quel bianco che sale sul palco a Wilmington, in Delaware, quartier generale del neo eletto 46° Presidente americano, vibra di un’energia pulsante. Un bianco che porta un’eredità pesante, fatto di rivendicazioni, di diritti negati, di battaglie vinte e da vincere. Il bianco di chi vuole esserci da protagonista, di chi vuol far sentire la propria voce e di chi vuole poter decidere laddove si prendono le decisioni che contano. Si chiama diritto di voto. Alle donne.
«Penso alle donne – ha detto Kamala Harris nel suo primo discorso da vice Presidente –, alle donne nere, asiatiche, bianche, ispaniche, nativo americane, che nel corso della storia di questo paese hanno aperto la strada per questo momento, si sono sacrificate per l’uguaglianza, la libertà e la giustizia per tutti noi. Penso alle donne nere che troppo spesso non sono considerate, ma sono la spina dorsale della nostra democrazia. Anche se sono la prima a ricoprire questa carica, non sarò l’ultima. Ogni bambina, ragazza che stasera ci guarda vede che questo è un paese pieno di possibilità. Il nostro paese, oggi, vi manda un messaggio: sognate con grande ambizione, guardatevi in un modo in cui gli altri potrebbero non vedervi».

Un nuovo inizio. Bianco come la speranza.

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