In breve:

Studi Ogliastrini: nuovi contributi per far luce sulla storia del territorio e dei suoi abitanti

COPERTINA

di Tonino Loddo.
Un impegno che viene da lontano
In origine fu p. Vincenzo Maria Cannas, studioso appassionato della storia d’Ogliastra oltre che speleologo e archivista, a pensare a una pubblicazione periodica che raccogliesse i saggi di quanti si dedicavano ad approfondire i vari aspetti della cultura del territorio. Fu lui a pubblicare i primi quattro numeri della rivista per poi cederne il titolo nel 1998, sentendo mancare le forze (morì a Cagliari l’11 gennaio 2001), all’allora vescovo di Lanusei mons. Antioco Piseddu che l’accolse come un dono, incaricandone della direzione chi scrive queste note. In oltre venti anni di lavoro, sono stati portati in stampa ben 12 numeri; all’inizio in maniera un po’ lenta e non continuativa, quindi, a partire dall’arrivo in diocesi di mons. Antonello Mura (2014) con scadenza stabile annuale e, soprattutto, con la novità dell’invio gratuito a tutti gli abbonati de L’Ogliastra. È così che gli ultimi sei numeri di “Studi” sono prepotentemente entrati, oltre che nelle biblioteche di università e istituti di ricerca, anche nelle case degli ogliastrini offrendo a tutti la possibilità di approfondire la conoscenza di personalità ed eventi che costituiscono le radici di ciò che oggi siamo affinché, meglio conoscendoci, possiamo tutti con migliori possibilità costruire un più generoso futuro.

Come saremo dopo il coronavirus?
A questa non semplice domanda si offre di dare una risposta mons. Antonello Mura, che indaga – con parole che suonano cariche di profezia – quale possibile direzione possa assumere la Chiesa dopo la tragica esperienza della recente (ma ancora non cessata) pandemia che «anche come Chiesa, ci ha costretto a cambiare linguaggi, modalità di presenza e, soprattutto, ci ha portato per molto tempo a celebrare senza popolo, situazione che ha creato a sua volta polemiche e stravaganze, svelando anche le caratteristiche più fragili della vita di fede». In un ampio e articolato discorso, egli apre la riflessione sulla necessità di pensare una Chiesa diversa da quella che abbiamo conosciuto finora, «rendendoci conto che abbiamo veramente l’occasione di fare un passo reale per uscire dal clericalismo e per ritrovare una piena attitudine battesimale». Il che comporta, secondo l’attraente utopia del vescovo, intanto il poter pensare di abbandonare alcuni modi di esser Chiesa nella storia «forse non più utili», e il sentirci attratti da «un dinamismo di sequela» forte e autentica che si radica nel cuore dei credenti piuttosto che nei gesti. Ed elenca cinque piste di azione che vale veramente la pena di approfondire.

Le chiese ogliastrine nel 1560
A non pochi sarà certamente capitato, entrando in una qualunque chiesa d’Ogliastra, di chiedersi a che età possa risalire una certa statua o una preziosa suppellettile che vi si conserva con amore e fede. Antonio Forci e Francesco Virdis, studiosi di valore e preziosi collaboratori della rivista, cercano di dare una risposta a questa e ad altre possibili domande, trascrivendo e commentando un inedito Inventario dei beni posseduti dalle parrocchie ogliastrine, compilato nel 1560 al tempo dell’episcopato di mons. Antonio Parragues de Castillejo. Dalla lettura di questo prezioso documento è possibile trarre alcune certezze e avere alcune preziose conferme. È interessante, ad esempio, apprendere che la chiesa parrocchiale di Ilbono doveva essere stata all’epoca appena costruita, visto che vi si trovavano degli altari ancora privi di dedicazione. Ma si tratta solo di un piccolo esempio delle notizie interessantissime che vi si trovano.

I cognomi di Villagrande Strisaili
Alla penna dei già notissimi Gianni Pes e Michel Poulain, aiutati nella ricerca da Alessio Seoni, si deve il primo studio di onomastica e antroponimia del centro ogliastrino, salito agli onori delle cronache internazionali proprio grazie ai loro studi sulla longevità. Partendo dai dati contenuti nei Quinque Libri di Villagrande (che partono dal 1633) e Villanova (1626), gli studiosi hanno raccolto i cognomi del Comune e ne presentano i movimenti nel tempo, proponendo delle soluzioni al problema della loro origine storica ed etimologica, mettendoli a confronto (almeno quelli emergenti) con la lista dei cognomi dell’intera Sardegna e indagando anche le variazioni diacroniche della loro frequenza.

Il Convento agostiniano di Tortolì
Della chiusura del convento agostiniano di Tortolì, annesso alla chiesa di sant’Antonio abate, si occupa Tonino Loddo, pubblicando lo stralcio di un più ampio saggio di prossima pubblicazione che oltre che della storia plurisecolare del convento si occuperà anche del più celebre dei frati che lo abitarono, Gelasio Floris, con un profilo biografico e la trascrizione integrale della sua possente opera ancora inedita (Componimento topografico storico dell’isola di Sardegna). In particolare, Loddo si occupa degli ultimi anni della vita del convento (1855-1860) ricostruendo sulla base di documenti inediti i censi e i beni da esso posseduti e la non certo splendida vita che si viveva dentro le sue mura.

Il Corso diLanusei tra storia ed emozione
Al Corso di Lanusei, a ciò che è stato e ha rappresentato fino ad anni abbastanza recenti dedica il suo affettuoso saggio Riccardo Virdis, ripercorrendone gli angoli e gli scorci più suggestivi e perfino i caratteri e i volti di chi ci abitava. Memorie di un tempo felice, ma anche riflessione su un tempo che deve poter rinascere, condotte sul filo di testimonianze che vengono fatte emergere da un passato che sembra dissolto ma che è anche ancora ben vivo nella memoria di chi – vivendone inconsapevolmente gli epigoni – ne porta nel cuore e nella mente lo scorrere dei giorni e delle passioni. Alla penna di Virdis si deve anche la pubblicazione di un inedito del generale Eusebio Bava risalente agli anni Venti dell’Ottocento.

L’archivio comunale di Tortolì
Ancora di Tortolì si occupa Aldo Aveni, ottima tempra di archivista già noto ai lettori di “Studi”, che ne descrive l’Archivio Comunale e la documentazione in possesso, forse una delle più interessanti degli archivi comunali ogliastrini. Si apprende così che la serie degli atti deliberativi risale al 1820 e che – nonostante alcune disavventure, come l’incendio della casa comunale avvenuto nel 1868 – si presenta molto fornito nelle diverse serie, tanto da costituire una fonte insopprimibile per la conoscenza della storia della città, anche grazie al riordino operato agli inizi dello scorso decennio.

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