In breve:

Sulla via di Damasco. Maria Grazia Manias, nostalgia di Dio

Manias

di Augusta Cabras.

Maria Grazia Manias è originaria di Villagrande, lì nasce nel 1949. Dalla sua famiglia e dalla scuola riceve un’educazione tradizionale dove il ruolo della donna è notoriamente definito e circoscritto; insieme eredita un’educazione religiosa, legata al cattolicesimo.
Da Villagrande però Maria Grazia si allontana, con il chiaro obiettivo di saziare la sua sete di conoscenza. Così raggiunge la Capitale e con una borsa di studio triennale frequenta la Scuola di Servizio Sociale fondata da Giovanni De Menasce, figura fondamentale nel dopo guerra per lo sviluppo delle scuole di ispirazione cristiana e di cui oggi poco si conosce.
Siamo tra la fine degli anni Sessanta e gli inizi degli anni Settanta. Sullo sfondo i primi movimenti studenteschi, le contestazioni, la formazione del Fronte Italiano di Liberazione Femminile (FILF) e il Movimento per la Liberazione della Donna (MLD) legato al Partito Radicale, che in quegli anni e in quelli a seguiremetterà molte energie sul fronte della battaglia per l’approvazione della legge che consente il divorzio e l’aborto.
Allo studio presso la Scuola di Servizio Sociale segue per Maria Grazia lo studio e la laurea in Sociologia. «Fu durante i tempi della scuola – racconta – che conobbi Michelangelo. Frequentava il corso con me e usufruiva anche lui di una borsa di studio. Entrambi scoprivamo un nuovo mondo e ci lasciavamo alle spalle quello vecchio. Mi godetti l’incanto del primo amore, sfociato poi nel matrimonio, rigorosamente civile, presso il municipio di Lacedonia, paese originario di lui in provincia di Avellino, il 27 dicembre 1976».
Per Maria Grazia e Michelangelo questo fu il tempo dell’amore, della vita condivisa, dei sogni, della carriera che prende il via… «Quello che fu il mio lavoro principale – prosegue – avvenne quasi per caso in seguito a una domanda fatta su suggerimento di Michelangelo. Lavoravo a Lavinia in assistenza a una ragazza con handicap. Il lavoro di segretario comunale venne successivamente una volta trasferiti in Sardegna» E il ritorno nell’Isola non porta solo il nuovo lavoro, ma anche la maternità con l’arrivo di due figlie che allietano la vita della coppia. «Decidemmo di non battezzarle», precisa, quasi a garanzia della libertà di scelta rimandata al tempo futuro della maturità. «Tra le due maternità – racconta Maria Grazia – ci fu anche un aborto terapeutico al quinto mese di gravidanza, che mi provò profondamente. Ora non potrei fare quella scelta».
La vita della sociologa villagrandese è particolarmente ricca di eventi ed esperienze che segnano il passo della sua storia personale e di quella di coppia. «Con Michelangelo, a un certo punto, vivemmo un periodo di difficoltà. Facevamo fatica a comunicare e queste complessità nella relazione sfociarono prima nella separazione e poi nel divorzio che non causò però l’interruzione del dialogo fra noi negli anni successivi. Io mi presi carico dell’educazione delle figlie e intrapresi un percorso intimo di conoscenza e di studio dello Yoga e delle filosofie e religioni orientali, frequentando la Scuola di Yoga Ratna a Piacenza, diretta da Gabriella Cella. Nel 2003, entrai a far parte dell’albo degli insegnanti. Furono anni importanti in cui ci furono per me diversi incontri, profondi e finalizzati alla ricerca, poiché tutta la vita io la intendo come ricerca».
È con questo atteggiamento di apertura, di curiosità e di costante studio, con questo spirito inquieto di chi cerca risposte alle domande di senso più profonde e significative dell’esistenza, propria e altrui, che Maria Grazia sente la nostalgia del Cristianesimo, o forse, in maniera inconsapevole, sente un’immensa nostalgia di Dio. Maria Grazia inizia così ad aprirgli il cuore. Lo fa nel sacramento della riconciliazione, esattamente nel giornata dedicata alla Madonna di Fatima, il 13 maggio del 2006. Il confessore ascolta. Accoglie con rispetto e misericordia, il racconto di una vita: gli slanci e le cadute, i sogni realizzati e quelli infranti, i doni ricevuti e coltivati e quelli offerti e condivisi. È una confessione liberatoria, catartica. È una riconciliazione con quel Dio più ignorato che contestato, quel Dio che rimette le persone in asse quando tutto sembra disarmonico, il Dio che riassembla i pezzi di una vita, anche quelli che vorremmo scartare, nascondere o eliminare e dona un senso e una luce nuova a tutte le cose. «Ecco, io faccio nuove tutte le cose», dice il Dio della novità e quindi della speranza, della possibilità ma anche del mistero.
Maria Grazia inizia lì e così la sua conversione. «Due anni dopo – racconta – mi venne diagnosticata una forma di sclerosi multipla. In quel periodo mi fu molto vicino Michelangelo, che nel frattempo aveva fatto un suo percorso spirituale avvicinandosi alla fede cristiana. Decidemmo insieme di risposarci, questa volta in chiesa, nel 2013, dopo aver seguito i corsi di preparazione al matrimonio sacramento. Non molto tempo dopo, anche la sua situazione di salute subì un brusco cambiamento ed è attualmente delicata. Nel fluire degli eventi, la conversione continua nel senso che ho capito profondamente che ogni accadimento della vita è per il miglior bene della persona, che spesso non capisce e sta come un bue immoto».
L’amore profondo fra loro è rinato, rinnovato nella consapevolezza, per entrambi e dopo un cammino di scoperta e conversione personale, della presenza di Colui che è Amore. Sempre. Anche nelle difficoltà, anche nella malattia.

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