In breve:

Vivere la vita come vocazione

Giovani

di Mons. Antonello Mura.
Parlare della Chiesa senza parlare di vocazioni è impossibile. Anche il nostro convegno del 20 ottobre: Chiamati ad ascoltare, chiamati a rispondere, l’ha ribadito con gioia. Ognuno di noi, che l’abbia già scoperto o meno,non è frutto di un imprevisto o dell’illogicità, ma fin dall’origine ha un’impronta, un sigillo indelebile: il progetto d’amore di Dio. Che si chiama vocazione. La missione della Chiesa, a iniziare dalla catechesi, ha come fondamento educativo un grande annuncio vocazionale: far emergere la bellezza della risposta a Dio che chiama. E ha il compito di raccontare che la vita è tanto più bella quando più viene accolta e vissuta come vocazione. Ogni chiamata, da quella del matrimonio a quella del sacerdozio e della vita consacrata, arricchisce il servizio della Chiesa, soprattutto quando è radicata nella Persona di Gesù, del quale diventare discepoli e coraggiosi testimoni.
Penso in particolare ai giovani, riferimento del Sinodo dei vescovi e in Diocesi, anche con la Lettera pastorale Sul carro con Filippo, interlocutori privilegiati del nostro cammino ecclesiale e vocazionale. La nostra pastorale in generale, e nello specifico soprattutto la catechesi necessita in questo senso un cambio di marcia. Si tratta di proporre percorsi che non evitino l’interrogativo più grande: come posso dare un significato alla mia vita? La vera conquista è concepire infatti la vita come vocazione, non solo perché la fonte della nostra esistenza è l’amore di Dio, ma anche per imparare a scoprire – grazie alla Chiesa – quale sia il senso profondo della risposta a cui si è chiamati.
Non bisogna accontentarsi di offrire contenuti da imparare, o formule da ripetere, quasi che considerassimo i ragazzi e i giovani come dei contenitori da riempire; o magari rimanere soddisfatti di chi offre un servizio temporaneo e parziale, seppur positivo.
Ai giovani, in particolare a coloro che manifestano una genuina sensibilità al servizio e una generosa partecipazione alla vita ecclesiale – basti pensare al mondo del volontariato… – è indispensabile proporre ideali grandi, che oltre a preparare la maggior parte di essi alla grandezza e alla dignità del matrimonio cristiano, non abbiano paura a indicare la bellezza di una vita da spendere con una vocazione consacrata, nel sacerdozio e nella vita religiosa. Abbiamo bisogno di veri e propri catechisti della vocazione che, senza fare sconti, e senza negarne le esigenze, sappiano narrare con la Parola di Dio e con le parole della vita cosa significa appartenere a Dio totalmente e rimanere, contemporaneamente donne e uomini che vivono liberamente e con gioia il loro servizio all’umanità.
E come suonano significative in questo senso le recenti parole di papa Francesco quando rivolgendosi a tutti gli operatori pastorali ed educativi, a cominciare dai genitori, “primi animatori vocazionali”, chiede loro di assumere “con gioia e responsabilità” la propria missione, liberando loro stessi e i figli “dal blocco delle prospettive egoiste, di calcolo e di potere, che molte volte emergono in seno alle famiglia, anche quelle praticanti”.
+ Antonello Mura

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