In breve:

Voglia di vincere

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di Claudia Carta.
Se fosse un risultato sarebbe uno a zero. Le squadre? Responsabilità e paura.
La responsabilità gioca in casa. Ha il fattore campo dalla sua. Organizzazione, spazi, volontari, tecnici, strumenti. Ognuno al proprio posto.
Ruoli e schemi consolidati: sinonimo di sicurezza e successo in cassaforte.  La regia, poi, non ammette improvvisazioni. L’imprevisto ci può stare, ma anche quello è messo in conto e, dunque, affrontato e annullato. E poi, si sa, squadra che vince non si cambia.
La paura è ospite, arriva da lontano. È forte. Veste la maglia del turista e rivela un accento straniero. Oppure indossa i panni dell’italiano, meglio se del Nord: milanese, bergamasco, veneto, emiliano. È talmente subdola che si insinua nelle battute di un sardo rientrato dalle vacanze in Francia o in Spagna o negli Stati Uniti: un colpo di tosse, uno starnuto. Panico.
La responsabilità, però, gioca d’anticipo. Conosce bene l’avversario. Non si fa sorprendere e soprattutto riparte in contropiede. Distanza: almeno un metro. Mascherina: sempre. Gel igienizzante. Registrazione: nome, cognome e numero di telefono. Quelli vero, però. E se hai 37.5 di temperatura torni a casa con tanti cari saluti.
L’anfiteatro Caritas non è il Billionaire. Così come Tortolì non è Porto Cervo. E il vescovo Antonello, per fortuna, non è Flavio Briatore. Ma soprattutto le centinaia di persone che ogni sera hanno riempito di bellezza le loro serate estive alla Pastorale del turismo hanno scelto di giocare la partita più importante e delicata, quella di vincere la paura con la responsabilità, la diffidenza con la prudenza, lo scetticismo con l’intelligenza. Anche la libertà ha fatto festa, per niente soffocata dalle mascherine di mille colori. Sorridevano gli occhi, applaudivano le mani, ascoltavano le orecchie sotto il cielo di agosto, all’aperto. Distanti, ma insieme. In un continuo incrocio e rimando di sguardi.
E poi, chi l’ha detto che non si può ridere, scherzare, parlare e rispondere? Pastorale del turismo è stata incontro, è stata divertimento e battute, è stata gioco e musica, riflessione e provocazione, attualità e approfondimento. Ma è stata prima di tutto rispetto. Delle regole, della salute, della vita, dei morti. Dell’altro e di se stessi. È stata una scelta: scendere in campo e giocarsela a viso aperto. Perché se la paura fa novanta, la responsabilità non lascia mai. Raddoppia.

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