In breve:

Classico e Linguistico di Lanusei a S’Aspru

Studenti

di Denise Carta.

Lo scorso 11 gennaio, 32 ragazzi del Liceo “Leonardo da Vinci” di Lanusei visitano la Comunità di S’Aspru, di Padre Salvatore Morittu

È un luogo in cui, da circa quarant’anni, il dolore incontra l’accoglienza e la condivisione degli operatori che accompagnano in un percorso di rinascita tanti ragazzi, giovani e meno giovani, che nel corso della loro esistenza sono stati tremendamente provati a causa di dipendenze di ogni genere, dalla droga all’alcol, al gioco. Un’esperienza forte ed emotivamente non facile, ma certamente formativa nel percorso di crescita di ciascuno.

Non vi racconteremo, però, le tappe di una giornata intensa, in cui ciascuno ha provato emozioni personali diverse e forti; preferiamo fare una sorta di recensione a un libro che testimonia la vicenda del promotore di questa bellissima esperienza di lavoro con i giovani in difficoltà: “Gli ultimi sognano a colori”, di Salvatore Morittu e Giampaolo Cassitta.

Padre Salvatore Morittu, frate francescano di Bonorva, un uomo che sembra avere una storia come tanti, nasce in una società rurale, dove, lo dice lui stesso, «O fai il pastore o diventi un uomo di Chiesa». Il suo è un destino quasi segnato e quando decide di entrare in seminario ha la consapevolezza di voler aiutare gli altri. Ma sarebbe un errore pensare a lui come un uomo risoluto, che non è mai stato assalito dai dubbi. Ha solo undici anni quando entra in convento: un bambino, quasi adolescente, che si deve adeguare alle rigide regole di un monastero francescano. Ciò che contraddistingue il “piccolo” Salvatore è la sua grande curiosità, la sua voglia di imparare e studiare, la sua attenzione verso il mondo e gli eventi che in esso accadono. Caratteristiche che lo portano non solo a diventare frate francescano, ma anche sacerdote, a laurearsi in Teologia Biblica e poi in Psicologia, con una tesi sugli ospedali psichiatrici e sulle correlazioni tra malattie mentali e famiglie delle persone che ne soffrono.

Padre Morittu studia e vive a Firenze, Pescia, Gerusalemme, Roma, ma nel suo cuore c’è sempre la Sardegna e il desiderio di poter rendere a quella terra, che lo ha visto crescere, parte dell’amore che da essa ha ricevuto e decide di farlo, sulle orme di San Francesco, aiutando gli ultimi.

Tornato a Cagliari si dedica ai tossicodipendenti, gli eroinomani, coloro che si sono persi nelle strade della vita, abbandonando il sentiero di luce alla ricerca di una felicità che la società non ha saputo dare loro e che li ha portati a cercarla nella droga. È il 26 gennaio 1980 quando nasce, nel convento di San Mauro a Cagliari, nel quartiere di Villanova, la prima comunità per tossicodipendenti in Sardegna. Inizialmente nessuno bussa alla porta: scegliere di entrare in comunità, toccare il fondo, trovare la forza e la volontà di risalire non è facile e Padre Morittu lo sa, sa che ammettere le proprie fragilità è doloroso e lo è ancor di più affrontarle. Ma lui, con proverbiale pazienza francescana aspetta, pronto ad accogliere, e piano piano la sua comunità – basata sullo stare insieme, sul lavoro nei campi e l’amore per il creato e le sue meraviglie – inizia a funzionare. San Mauro è la prima luce di speranza per gli eroinomani e presto si aggiungeranno S’Aspru (Siligo) e Campu’eLuas (Uta).

Alcuni ospiti non ce la fanno, ma altri sì, combattono e alla fine vincono la loro battaglia tornando alla pienezza della vita. Padre Morittu è felice, si prodiga per aiutare sempre più persone, ma un nuovo spettro si presenta ai suoi ragazzi, così come a moltissimi altri tossicodipendenti ed ex tossicodipendenti, qualcosa di terribile, un mostro sconosciuto che nessuno sa come affrontare, l’AIDS o HIV per cui non esiste una cura. Vedere l’angoscia, il terrore, il dolore di chi si trova costretto a dover affrontare questa malattia, e inesorabilmente la morte, porta padre Morittu a maturare la convinzione e la volontà di accompagnare queste persone nel loro cammino, trasmettendo, nonostante tutto, la gioia e la bellezza della vita. Viene così creata a Sassari la “Casa Famiglia” per i malati di AIDS: insieme la malattia fa meno paura e la scienza inizia a studiarla, sviluppando farmaci e donando così speranza a coloro che ne sono affetti.

La storia di padre Morittu, uomo speciale, solidale con gli ultimi, permette di riflettere sulla fragilità di ognuno e sulla possibilità di cadere di fronte alle difficoltà della vita, dalle quali non è facile uscire senza l’aiuto di qualcuno. Nella nostra società le debolezze sono viste come qualcosa da nascondere, sono segno di viltà, ma padre Morittu ci insegna che non dobbiamo vergognarcene, esse fanno parte di noi, ci rendono quello che siamo, belli anche nei nostri difetti. Gli ultimi possono essere ognuno di noi quando il dolore, la paura, la disperazione prendono il sopravvento e ci impediscono di vedere la bellezza della vita, malgrado la sofferenza che essa può causare.

La cosa più brutta a cui una persona può andare incontro è la solitudine, il sentirsi solo, impotente, inutile, come un pulcino bagnato terrorizzato da tutto, senza un appiglio, senza una luce che possa indicare la strada o dare la forza di guardare in faccia tutto il buio e il male che si ha davanti. Nessuno, inoltre, dovrebbe arrogarsi il diritto di giudicare la vita degli altri, i loro errori e le loro fragilità, spesso senza sapere nulla della loro storia, come dice un proverbio dei nativi d’America: “Non giudicare il tuo vicino finché non avrai camminato per due lune nelle sue scarpe”.

Padre Morittu ascolta senza pregiudizi, ascolta con le orecchie e soprattutto con il cuore, come ognuno di noi dovrebbe fare, sostiene che, malgrado le debolezze, gli ultimi sognino a colori ed è doveroso e gratificante aiutarli a trasformare questi sogni in una realtà ugualmente variopinta.

 

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