In breve:

Emme Zero

Cutro 2

di Claudia Carta.
Silenzio. Solo silenzio.
Invece troppo chiasso, troppe parole inutili, troppo cinismo mascherato da giustificazioni vuote e irriverenti.
Non ha nome quel corpo fragile eminuscolo ricoperto di freddo legno bianco a Cutro. Emme. Un maschio. Zero. Nemmeno un anno di vita. Non c’è aria là dentro. Non c’è aria sulla barca. Solo acqua gelida a riempire i polmoni. Tutto intorno buio e urla disperate. Eppure non sembravano esserci criticità.
Se non abbiamo il coraggio di piegare le ginocchia davanti a Emme Zero e a tutte le altre vite trasformate in sigle alfanumeriche da noi, che sappiamo solo puntare il dito per dare sempre la colpa a “chi parte”, almeno stiamo zitti. Ma zitti davvero. E proviamo, se mai ne fossimo capaci, a metterci dall’altra parte. Senza pregiudizi. A provare vergogna. Ma visto che non lo sappiamo fare quasi mai, proviamo a chiedere perdono. E, per chi crede, a sussurrare una preghiera.

“Andatevene a casa neri, rifugiati, sporchi immigrati richiedenti asilo

che prosciugano il nostro paese, negri con le mani tese e odori sconosciuti, selvaggi.

Hanno distrutto il loro paese e ora vogliono distruggere il nostro”.

Come fate a scrollarvi di dosso le parole, gli sguardi malevoli.

 

Forse perché il colpo è meno forte di un arto strappato

o le parole sono meno dure di quattordici uomini tra le cosce,

perché gli insulti sono più facili da mandare giù

delle macerie delle ossa del corpo di tuo figlio fatto a pezzi.

Voglio tornare a casa, ma casa mia è la bocca di uno squalo.

 

Casa mia è la canna di un fucile e nessuno lascerebbe la casa

a meno che non sia la casa a spingerti verso il mare,

a meno che non sia la casa a dirti di affrettare il passo,

lasciarti dietro i vestiti, strisciare nel deserto, attraversare gli oceani.

 

Annega, salvati, fai la fame, chiedi l’elemosina, dimentica l’orgoglio:

è più importante che tu sopravviva.

Nessuno se ne va via da casa finché la casa è una voce soffocante

che gli mormora all’orecchio: “Vattene, scappa lontano adesso”.

Non so più quello che sono, so solo che qualsiasi altro posto è più sicuro di qua. (Warsan Shire)

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