In breve:

Famiglia, patrimonio dell’umanità

Famiglia De Palo (foto Sir)

di Franco Colomo.
Il mondo non lo abbiamo in eredità dai nostri padri ma in prestito dai nostri figli. Se c’è una persona che di questa massima ha fatto la ragione del proprio impegno questa è senza dubbio Gigi De Palo, presidente del Forum delle associazioni familiari.Da anni si spende, tra l’altro, per una riforma fiscale pensata per le famiglie e per l’introduzione dell’assegno unico- universale per ogni figlio, misura questa finalmente votata da tutte le forze politiche presenti in Parlamento (la illustriamo in questa pagina) e che dovrebbe andare a regime a partire dal primo luglio

Partiamo dall’assegno unico. Con 227 voti favorevoli, 4 astenuti e nessun voto contrario, il 30 marzo l’aula del Senato ha approvato definitivamente la riforma dei contributi familiari, attraverso il via libera al primo atto del Family act, l’assegno unico familiare. Poco meno di cento giorni dalla partenza.

Il premier Draghi che parla poco, ma quando interviene non scherza, ha detto chiaramente: «L’assegno unico parte dal primo luglio e prevede 250 euro al mese per ogni figlio». Questo è l’obiettivo da raggiungere. Tutti i partiti politici sono d’accordo, anche l’opposizione.

Non sprechiamo questa occasione di unità nazionale. Per una volta facciamo le cose fatte bene, facciamo in modo che nessuno ci perda e che, anzi, tutte le famiglie migliorino la loro situazione economica. Dobbiamo continuare a insistere sull’aspetto politico convincendo tutti a fare un capolavoro. Non ci possiamo accontentare di un’elemosina: le riforme sono cose serie che cambiano la storia di un Paese.

Le tendenze di questi ultimi anni hanno confermato, come ripeti da tempo, che la questione economica influisce sulla natalità. Perché nel nostro Paese non si riesce a comprendere che i figli non sono solo il futuro, ma anche il presente? Forse, in termini elettorali, le politiche familiari non pagano?

Sicuramente, a differenza della componente anziana e anche dei pensionati, che votano, i bambini e i ragazzi sotto i 18 anni non rappresentano un bacino di voti utile. E quindi, fino a qualche anno fa, di fronte al dilemma del politico contemporaneo, che deve scegliere a chi dare risorse scarse e limitate, alla fine prevaleva sempre il criterio utilitaristico e immediato. Proprio questo, però, è oggi il problema più grave che la nostra società si trova a dover fronteggiare. Non abbiamo avuto il coraggio e la lungimiranza di costruire per il futuro. Non abbiamo avuto lo spirito profetico di guardare oltre il nostro naso. Oltre il lasso di tempo di una legislatura, ma anche meno: come presidente del Forum, negli ultimi 4 anni ho incontrato 4 differenti presidenti del Consiglio e mi sono confrontato con altrettanti, se non più, ministri per la Famiglia. È ovvio che così diventa impossibile poter costruire qualcosa di duraturo e significativo per le famiglie. Ma tutti i problemi che sono seguiti alla pandemia – e che hanno imposto in tempi brevissimi di dover ricorrere a decreti ristori, decreti sostegno frutto di scostamenti di bilancio, indebitamenti e altre manovre che produrranno ulteriore debito sulle teste dei nostri figli e nipoti – sarebbero stati vissuti in modo ben diverso se negli anni precedenti ci fosse stata l’approvazione dell’assegno unico e universale, insieme a una riforma fiscale a misura di famiglia e alla calibrazione delle misure di sostegno in base ai carichi familiari.

L’anno della pandemia ha colpito pesantemente le famiglie, eppure queste hanno mostrato ancora una volta di essere il vero ammortizzatore sociale del Paese.

Abbiamo saputo che il corpo sanitario nazionale è candidato al Nobel per la Pace. E che uno dei medici in prima linea a Piacenza ne sarà il volto e il portavoce. Ne siamo contenti. Però, a ben guardare, un premio altrettanto importante lo meriterebbero le famiglie italiane. Quelle che, a 48 ore dal primo lockdown e dalla notizia della chiusura di tutto – asili, scuole, oratori, parrocchie, centri sportivi, centri di riabilitazione, parchi giochi – hanno saputo far fronte all’emergenza dei propri figli e delle proprie famiglie reinventandosi educatori, baby-sitter, nonni, insegnanti, compagni di gioco. Ma anche idraulici, personal trainer, elettricisti, cuochi, infermieri, postini, shop-assistant, organizzatori di eventi. Sono le famiglie ad aver preso il posto di uno Stato in crisi, incapace in quei frangenti di offrire una risposta efficace ai bisogni delle persone, specie quelle più fragili: gli anziani e i bambini. E hanno avuto la forza di tenere botta, dando fondo a tutte le risorse umane, relazionali, psicologiche e anche economiche possibili. Per questo, come Forum, il 3 maggio scorso abbiamo organizzato un flash-mob durante il quale le famiglie si sono applaudite da loro stesse. Un gesto non casuale, che dovremmo ripetere ogni giorno anche in questa seconda fase particolarmente difficile. Ma le famiglie ora sono stanche e impoverite. Adesso le istituzioni devono offrire loro – e in fretta – soluzioni, sostegni e misure di supporto strutturali per evitare che circostanze come quelle dell’ultimo anno possano ripetersi.

Sei padre di Giorgio Maria e con la tua famiglia hai testimoniato la bellezza e la ricchezza della sua presenza. Eppure, ancora di più in questo anno, le famiglie che hanno dei figli con sindrome di Down o affetti da autismo o con altre disabilità sono state lasciate sole. Pensiamo alle difficoltà – quando non alle discriminazioni – nella scuola, ad esempio. Come si può invertire questa tendenza?

L’unico modo che conosco è quello di mettere in campo, ciascuno nel proprio ambito sociale, la testimonianza. Raccontare le fatiche, i sacrifici fatti per supportarli nei loro bisogni specifici, diffondere agli altri la bellezza insita in ognuno di loro e lavorare per costruire e sviluppare una rete estesa di famiglie con figli legati da esigenze analoghe, così da portare a chi di dovere le istanze di sostegno di cui hanno bisogno i propri figli. Peraltro, spesso, la miglior misura per aiutare persone con qualche caratteristica “speciale” è quella di aiutarle a vivere serenamente e in modo naturale con gli altri bambini. Evitando, prima di tutto, di sottolineare in modo artificioso la loro diversità. Penso, ad esempio, ai bambini con bisogni educativi speciali che, nelle zone rosse regionali, sono stati gli unici autorizzati a stare in presenza in classe. Ovvio che, senza gli altri compagni intorno, possano essersi smarriti, chiedendo ai genitori: «Mamma, perché oggi in classe c’ero solo io?». Certi provvedimenti, prima di essere varati, andrebbero pensati.

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