In breve:

Felicemente all’aperto

Pamela Balloi

di Fabiana Carta.

In questa storia ci sono tre elementi principali: una figlia, il desiderio di un ritmo lento, l’amore per gli animali

Pamela Balloi, quarantunenne di Lanusei, ha sempre vissuto per lavorare, come si suol dire. Per dieci anni ha lavorato in un salumificio e per altri dieci anni ha fatto la barista, con tutto quello che ne consegue: turni di lavoro massacranti, giornate che trascorrono veloci e frenetiche. «Io e mio marito siamo due stacanovisti, per noi esisteva solo il lavoro, al quale dedicavamo anche 16 ore al giorno», mi confessa.
A un certo punto la svolta, arriva una figlia: «Ha cambiato completamente la mia prospettiva di visione del lavoro, invertendo le priorità». Quel modo di vivere non poteva più conciliarsi con una figlia e il suo vedersi mamma, per questo entrambi sentono la necessità di pensare a un lavoro che non occupasse tutta la giornata, un lavoro da poter gestire in autonomia.
L’idea, racconta, nasce durante una delle visite periodiche dalla pediatra. «Era il periodo dello svezzamento, la dottoressa mi disse che la bambina avrebbe potuto mangiare le uova, possibilmente senza pesticidi, un uovo buono per davvero!». Perché non provare ad allevare delle galline in modo naturale? Alla fine del 2018 si imbarcano in questa avventura, con qualche dubbio e qualche paura. «Per iniziare – racconta – abbiamo provato ad allevarne qualcuna a casa e poi abbiamo deciso di fare quest’esperimento più in grande, documentandoci tantissimo». La scelta accurata sul tipo di galline, le Livornesi bianche, è il primo passo. Sono qualitativamente migliori, galline ruspanti adatte all’allevamento all’aperto. Pamela ci tiene a precisare che all’aperto non vuole a terra. Allevarle all’aperto significa lasciarle fuori nei campi, libere: «Hanno uno spazio enorme dove possono razzolare, divertirsi. Lasciamo a disposizione della paglia e rametti che le aiutano a scaricare lo stress». Mi spiega che un grande gruppo di galline è come un gruppo di bambini, più sono e più tendono a litigare fra loro. «Per aiutarle a stare bene e non beccarsi a vicenda hanno a disposizione dei giocattoli, questo ci permette anche di non tagliare loro il becco, pratica utilizzata per renderle calme e tranquille e non farsi del male a vicenda. Non hanno nessun tipo di forzatura, compresa la luce: considerando che depongono in base ad essa, vuol dire che d’inverno produrranno un po’di meno. A livello commerciale implica qualche rinuncia, ma ben volentieri purché gli animali stiano bene».
Pamela, con l’appoggio costante di suo marito, ha iniziato a piccoli passi. Con ombrellone e banchetto proponeva le sue uova nei vari mercati e il riscontro positivo le ha dato la carica per continuare a investire e impegnarsi in questo progetto. «Ho capito che il problema del buon cibo se lo pongono tante persone, soprattutto noi mamme». Oggi la sensibilità verso argomenti quali gli allevamenti intensivi e il benessere animale è certamente maggiore di un tempo e la scelta verso il cibo migliore è più accurata. Lo step successivo è stato quello di riuscire a vendere il prodotto nei negozi. «Io e mio marito siamo cocciuti, abbiamo fatto delle ricerche, ci siamo buttati dentro un iter burocratico che pareva interminabile e siamo riusciti a ottenere l’autorizzazione ministeriale grazie alla quale possiamo vendere nei market. In meno di un anno abbiamo raggiunto un obiettivo importante, ne siamo orgogliosi e felici!». Un’azienda agricola fresca fresca, nei territori di Loceri, una vera e propria oasi che ospita due gruppi di galline, uno da 250 e l’altro da 400, nel rispetto totale di questi simpatici animali.
«Le galline mangiano ciò che trovano in natura, come vermetti e pietroline. Stanno tutto il giorno fuori e all’imbrunire rientrano da sole nel capanno, dove possono trovare l’acqua, il cibo – noi aggiungiamo solo granaglie (indispensabili per la loro salute) – e i loro posatoi». Una grande soddisfazione il loro piccolo centro di imballaggi, che presenta tutte le potenzialità e le autorizzazioni che può vantare un grosso centro con trentamila galline.
Chiedo a Pamela come vede il futuro della sua azienda nata da poco: «Io sono già contenta così, vedremo come andrà, ho ancora tante cose da imparare, è meglio fare un passo per volta. Credo che aumenterò leggermente il numero di galline, ma non di tanto perché non potrei né garantire loro lo spazio e le attenzioni di cui hanno bisogno, né assicurare ciò che sto offrendo in questo momento».
Dopo la chiacchierata con Pamela mi rendo conto di quante volte, nei suoi discorsi, sia saltata fuori la parola felicità. Verso la fine chiedo il nome scelto per questa azienda: Felicemente all’aperto, mi dice. Appunto.

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