In breve:

Il lavoro per l’inclusione sociale e il contrasto alla povertà

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di Michele Muggianu
Lo scorso 14 aprile, a Tortolì, ha avuto luogo il convegno della Cisl. Povertà, inclusione sociale e politiche attive del lavoro sono stati i temi al centro del confronto che ha visto l’importante contributo della Chiesa, del mondo imprenditoriale, politico e associativo.
Un appuntamento importante che ci ha consentito di dare il nostro contributo a un dibattito che vogliamo diventi sempre più di attualità, quello dell’importanza delle politiche attive del lavoro e della formazione quali strumenti per favorire l’occupazione e incidere contro il fenomeno dell’esclusione sociale che deriva dalla povertà.
Ci troviamo in un momento storico in cui non mancano le risorse da investire su questi temi e a questo proposito intendiamo svolgere un ruolo di stimolo verso la politica regionale e in primo luogo l’assessorato al lavoro.
Mettere a terra e investire tutte le risorse disponibili rappresenta senza dubbio una scommessa da vincere e per questa ragione sarà determinante il contributo che sapranno dare le agenzie formative, come il nostro IAL, che ha inaugurato a Tortolì una nuova sede, dopo quella di Lanusei.

Dopo oltre trent’anni di dibattiti in Italia sulle politiche attive del lavoro (di tutta evidenza che non abbiano funzionato come avrebbero dovuto) siamo forse arrivati a un pericoloso punto di non ritorno.
Tutti ne parlano, come la soluzione per i problemi di un mercato del lavoro da tempo in profonda trasformazione, ma poi assistiamo ai paradossi: secondo i dati Unioncamere lavoratori e datori di lavoro faticano a incontrarsi sul mercato del lavoro, per cui abbiamo centinaia di migliaia di posti vacanti a fronte di un esercito di disoccupati e inattivi che (lasciando sullo sfondo le inutili polemiche relative agli effetti del reddito di cittadinanza) sarebbero solo ben felici di trovare una occupazione migliore.
Le moderne politiche attive del lavoro non sono e non possono essere ambito di competenza del solo attore pubblico e non possono limitarsi a intervenire solo a favore di chi sta ai margini del mercato del lavoro.

Serve una collaborazione strutturata e continuativa tra il pubblico e il privato perché le strategie in materia di politiche attive abbiano successo.
Le parti sociali possono giocare un ruolo importante perché hanno un punto di osservazione centrale per comprendere e governare i cambiamenti dal punto di vista dei processi formativi, della rilevazione dei fabbisogni, dell’individuazione dei mestieri, della costruzione di sistemi di apprendistato duale, perché sono nei luoghi del lavoro e sono capaci di interpretare una crescente complessità che sfugge a norme nazionali che rischiano di appiattire le politiche attive del lavoro in un compito meramente burocratico e di registrazione passiva dei fenomeni sociali.
Non è più concesso fallire. Siamo a un bivio: o ci sarà un autentico rilancio della Sardegna e del nostro territorio oppure assisteremo a un lento declino.
L’ultimo report della Commissione europea sull’indice della competitività regionale ci offre uno spaccato amaro: la forbice dei divari non solo non si restringe, ma si allarga sempre di più.

La Sardegna occupa la 203 posizione su 233 in Europa.
Insomma, una terra, la nostra, devastata dall’assenza di infrastrutture e servizi, con assenza di collegamenti, ai margini del mercato europeo, sia per quanto riguarda le merci che le persone.
Il decremento demografico del nostro territorio (passato da 58.290 residenti del 2002 a 54.829 del 2022, – 5,94 % in termini percentuali) è un altro dato che deve far riflettere, specialmente se si analizza la composizione della popolazione per fasce di età.
Il dato delle pensioni in pagamento (21.968, tutte le gestioni) testimonia l’avanzare dell’età media dei nostri concittadini e altre informazioni sono utili a certificare lo stato di difficoltà delle fasce in età lavorativa.
All’Inps di Lanusei, nel 2022, sono state presentate 4.139 domande di indennità di disoccupazione Naspi e nel solo mese di dicembre 1.191 nuclei familiari del territorio (per un totale di 1.994 persone) hanno percepito il reddito di cittadinanza (importo medio euro 469,14 euro).
Altro tema riguarda la dispersione scolastica: oltre il 15 per cento dei giovani del territorio entro i 24 anni hanno abbandonato la scuola senza alcun titolo di studio o soltanto con la licenza media.

È quindi necessario rilanciare le politiche pubbliche anziché colpevolizzare i poveri accusandoli di divanismo e nullafacenza.
L’ inclusione sociale deve essere un obbiettivo strategico della politica nazionale e regionale e presuppone in primo luogo la necessità di affrontare l’emergenza educativa che si trasforma poi in emergenza povertà.

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