In breve:

L’altRa cucina. Per un pranzo d’amore con i detenuti

San Daniele pranzo

di Augusta Cabras.

Un giorno di festa, tra alta cucina e musica d’autore. Tra le mura della Casa Circondariale di Lanusei, in prossimità del Santo Natale, hanno risuonato voci di gioia e allegria

La linea di confine tra la libertà e la detenzione è una serie di cancelli di ferro che si aprono l’uno dopo l’altro. Il suono, nella loro apertura, è sordo. L’andito si apre davanti. Ad accogliere c’è un albero di Natale luminoso e di fianco un presepe che ha atteso l’arrivo dell’Altissimo.

Si celebra il Natale anche qui, tra le celle della Casa Circondariale di Lanusei, per i 32 uomini, che in questo spazio-tempo vivono, in attesa di giudizio o per scontare la pena. Cristo arriva per tutti; non sceglie, non seleziona. Irrompe in Carne e Spirito, stravolge vite già inquiete, interroga, fa sussultare. Di certo non lascia indifferenti.

E si respira l’aria del Natale, nella lieve frenesia dei preparativi, nell’emozione di chi questa giornata l’ha preparata con impegno. L’iniziativa porta il nome di “L’altRa cucina. Per un pranzo d’amore.”, voluta dall’Associazione Prison Fellowship e il Rinnovamento dello Spirito Santo, con la collaborazione dell’Istituto Scolastico I.A.N.A.S. Si tratta di un’iniziativa giunta alla IX edizione, in cui alcuni chef preparano pietanze gourmet per chi vive la dolorosa esperienza della detenzione. «Lo facciamo in contemporanea ad altre 20 carceri d’Italia – spiega Lucia Mariane, coordinatrice regionale del Rinnovamento – tre delle quali in Sardegna. Con noi gli chef Stella Doa ed Ercole Monni della scuola alberghiera di Tortolì». Presenti anche la responsabile diocesana del Rinnovamento, Gesuina Mereu, le volontarie Anna Maria Serrau e Pina Mariolu, don Minuccio Stochino e don Giorgio Cabras.

Il refettorio trova posto nella cappella dedicata a San Daniele, che accoglie i detenuti, il personale della Polizia Penitenziaria guidati dalla Comandante Moira Vacca, e i volontari. I tavoli sostituiscono le panche, mentre alle pareti rimangono appese le immagini con i volti dei Santi e gli auguri delle parrocchie della diocesi di Lanusei. La casa di Dio, il luogo del Pane spezzato e gustato, il tempio della preghiera diventa il luogo della condivisione del cibo, dei sorrisi, delle parole, accompagnate dalla gratitudine.

La musica, nel convivio, fa da sottofondo. È musica dal vivo, come raramente accade tra le mura di questo edificio. Quattro amici, musicisti villagrandesi: Vincenzo Demurtas, Remo Natali, Gabrielangelo Melis e Natale Murru attraversano con la grinta e la passione che li contraddistingue, il repertorio della musica d’autore italiana e inglese. È la prima volta che cantano dentro un carcere e non nascondono l’emozione. L’apprezzamento di tutti è così grande che non potranno che esserci altre occasioni di incontro.

L’esperienza del carcere pesa anche per la mancanza di frequenti momenti di aggregazione. Gli spazi sono limitati, la struttura per quanto architettonicamente interessante mostra i segni del tempo. Tra quelle mura mi chiedo quanta bellezza serva per controbilanciare la bruttezza dei reati compiuti, per alleggerire l’attesa del tempo da passare rinchiusi, per riacquistare la speranza, per vedere bagliori di luce. Mi chiedo (retoricamente) quanta importanza ha, in un contesto come questo, la cura e l’attenzione costante del personale della Polizia Penitenziaria; quanta speranza portano i volontari, anche con iniziative come queste, quanti anfratti esistenziali illuminano i sacerdoti che portano la Buona Notizia e il personale educativo che accoglie, ascolta e supporta cammini di vita affatto lineari. La risposta a queste domande è negli occhi di tutte le persone presenti. Perché non c’è percorso rieducativo che non preveda amore, condivisione, bellezza, cura e presenza.

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