In breve:

Poveri e povertà in Sardegna nel post-pandemia

Caritas

di Raffaele Callia.

Dopo il significativo aumento registrato nel 2020, con l’avvento della pandemia, a livello nazionale la povertà assoluta ha continuato a mantenere livelli elevati, pur registrando una lieve flessione nel corso del 2021. Proviamo a tracciare un quadro generale.

Il numero delle famiglie in condizioni di povertà assoluta è passato da 2.007.000 del 2020 a 1.960.000 del 2021 (pari al 7,5% delle famiglie residenti), mentre, relativamente allo stesso periodo, il numero degli individui in condizioni di povertà assoluta è passato da 5.602.000 a 5.571.000.

La stabilità della povertà assoluta a livelli così elevati è dovuta principalmente alle conseguenze socio-economiche della pandemia sulle condizioni di vita delle famiglie. Una persistenza della povertà che appare come il risultato combinato, da un lato, di un livello contenuto della spesa per consumi delle famiglie meno abbienti, che ha ripreso in qualche misura a crescere una volta superata la fase acuta della pandemia; e dall’altro, dalla significativa ripresa dell’inflazione. Diversi indicatori confermano come vi sia stato un effetto di contenimento della povertà assoluta favorito dagli strumenti messi in campo a sostegno dei cittadini, fra cui il reddito di emergenza, l’estensione della Cassa integrazione e il reddito di cittadinanza; quest’ultimo destinato a una significativa revisione.

L’incidenza della povertà assoluta continua a essere più alta nel Sud e nelle Isole, dove si concentra il maggior numero dei nuclei familiari in condizioni di povertà assoluta (il 30,3% del totale a livello nazionale), soprattutto se tali famiglie sono numerose, se la persona di riferimento ha un’età compresa tra i 35 e i 44 anni, ha un titolo di studio basso (al massimo la licenza media) ed è in cerca di occupazione o svolge un impiego poco qualificato professionalmente. Peraltro, va ricordato che il territorio del Sud Italia e delle Isole – in cui vive circa un terzo degli italiani e si produce un quarto del prodotto nazionale lordo – è il territorio arretrato più esteso e più popoloso della cosiddetta eurozona.

Anche in seguito alla pandemia sono emerse profonde disuguaglianze esistenti a livello territoriale, che si sommano alle tante fragilità irrisolte del Mezzogiorno d’Italia, fra cui l’esistenza di un’economia informale o sommersa e la disparità nella capacità di risparmio, molto spesso associata alla persistenza del lavoro povero e precario (fenomeno in crescita anche in Sardegna).

Se la povertà assoluta ha registrato una lieve flessione, seppur continuando a mantenere livelli elevati, la povertà relativa ha invece ricominciato a crescere, dopo un triennio (2018-2020) di ininterrotta diminuzione.

In Sardegna, in particolare, nel 2021, con un’incidenza del 16,1%, si trovavano in condizioni di povertà relativa oltre 110mila famiglie.

Dopo il biennio 2015-2016, durante il quale il quadro è apparso in leggero miglioramento, l’incidenza della povertà relativa nel 2017 è balzata al 17,3%, per poi crescere di ben due punti percentuali nel corso del 2018 (19,3%).

Il calo di 6,5 punti percentuali registrato nel corso del 2019 ha rappresentato un’inversione di tendenza assai significativa, con un miglioramento parzialmente eroso nel 2020 proprio a causa della pandemia: l’incidenza della povertà relativa è così passata dal 12,8% del 2019 al 13,9% del 2020, con un incremento dell’1,1% che è risultato in controtendenza rispetto al dato nazionale e ai dati per ripartizione geografica, ove si è invece registrata una diminuzione.

Tra il 2020 e il 2021 l’incidenza della povertà relativa in Sardegna è cresciuta di 2,2 punti percentuali (salendo così al 16,1%): un incremento che, a eccezione del dato registrato nel Sud (20,8%), appare superiore sia al dato nazionale sia a quello del Centro e del Nord Italia.

Oltre agli effetti sul piano sanitario, la pandemia ha prodotto anche nell’Isola importanti conseguenze sotto il profilo economico e sociale, per quanto attenuate in qualche misura dall’adozione di specifici strumenti istituzionali di sostegno a famiglie e aziende.

Gli effetti della pandemia hanno continuato a produrre diverse problematiche anche nel corso del 2021 e del 2022, con conseguenze sulle condizioni di vita delle famiglie sarde, le quali si sono trovate ad affrontare un periodo mai sperimentato nei decenni precedenti. Alla stregua di quanto avvenuto con la crisi economico-finanziaria scoppiata nel 2007-2008, anche nel caso della pandemia ci si è trovati di fronte all’insorgere di un difficile periodo di prova che è diventato terreno fertile per la nascita di nuove forme di fragilità economica e sociale.

La pandemia ha inciso anche sul benessere psicosociale, in particolare degli adolescenti, costituendo un vero e proprio campanello d’allarme: sono cresciute diverse forme di fragilità psichica e sono aumentati gli episodi di autoesclusione relazionale, con il moltiplicarsi di preoccupanti episodi di autolesionismo. Temi critici già esistenti sul piano educativo, come la dispersione scolastica esplicita e implicita, con la pandemia hanno subito una crescita significativa.

Superato il periodo più critico, l’economia ha cominciato a registrare segnali nuovamente positivi. Tuttavia, il crescere dell’inflazione in quest’ultimo anno ha sostanzialmente annullato la lieve ripresa delle condizioni economiche, con importanti conseguenze sulle famiglie. Sono ben conosciuti dai consumatori i rincari dei costi energetici ed è altrettanto noto come proprio il costo dell’energia stia incidendo in misura significativa sul sistema economico nel suo complesso, fino a produrre aumenti rilevanti nei prezzi dei beni di prima necessità. Proprio l’elevato costo energetico sta compromettendo la sopravvivenza di diverse realtà produttive, non solo di piccole e medie dimensioni.

È evidente come gli effetti socio-economici di questa nuova crisi continuino a ripercuotersi soprattutto nel tessuto più fragile della Sardegna, accrescendo il divario già esistente fra le famiglie più povere e quelle più abbienti.

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