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di Claudia Carta.
25 marzo 2014. Un sì denso di inizi e di speranza, quello di don Antonello nella Cattedrale di Bosa. L’emozione profonda dei momenti importanti. La timidezza frutto di una riservatezza composta. La compiutezza dei pensieri scevri da qualsivoglia banalità: «Ho ricevuto e continuerò a ricevere tanti attestati di amicizia e di fraternità – le sue parole – che mi emozionano e mi incoraggiano. Ma non sono io, non posso essere io al centro di tutto questo. Non basteranno le mie presunte capacità, le risorse di ogni genere e le fatiche conseguenti, se nonvivrò con Cristo e per Cristo. […] Alla Chiesa d’Ogliastra dico che la fedeltà al Vangelo è il fondamento del mio celebrare, evangelizzare e presiedere».
Nasce sotto l’immagine del “pastore bello e buono” l’episcopato del vescovo Antonello Mura. Il nostro vescovo Antonello. Accompagnato da un motto che è gioia, programma di vita, missione: la gloria di Dio è l’uomo vivente.
Sferzata dal vento, ma baciata dal sole. Lanusei si presentava così il 27 aprile 2014. «Vi abbraccio tutti». È l’abbraccio del nuovo vescovo della diocesi d’Ogliastra. Ancora una volta un sorriso pieno di tenerezza. La Chiesa ogliastrina è un tripudio di applausi e di attese. «Grazie di questo saluto – la sua risposta – inaugura il futuro».
Due impegni: «Vi prometto di accompagnarvi con il Vangelo e di stare sempre vicino ai presbiteri: senza di loro non posso far nulla e non voglio camminare da solo». Una richiesta: «Ricordatemi che sono in mezzo a voi per servire. E per amare di più». La sua mamma lo guarda dal primo banco. La saluta e la ringrazia.
Dieci anni. Oggi Antonello Mura ha capelli d’argento e occhiali. Ha spalle grandi per sostenere pesi e scossoni, mutamenti e interrogativi di una Chiesa in cammino. Ha imparato a essere vescovo, più che a fare il vescovo. Ha ridestato – con una energia e una grinta fuori dal comune – la dimensione diocesana che oggi fa il paio con la sinodalità. Ha educato alla condivisione, alla partecipazione, al bello, invitando a essere propositivi, a non piangersi addosso perché «non c’è tempo né posto per lo scoraggiamento e la debolezza non deve essere un ostacolo, quanto una risorsa». Ha programmato. Ha costruito. Ha stretto mani. Ha incontrato e ascoltato. Ha pregato: «A tutti voi dico: se oggi volete farmi un augurio ditemi: Affidati alla Parola! Perché ne diventi ogni giorno più assiduo; un’assiduità fatta di ascolto, di meditazione, di esperienza quotidiana che mi permetta di fare mio il pensiero di Cristo».
Grazie, vescovo carissimo. Continua ad affidarti alla Parola e insegna anche noi a fare lo stesso. Sempre.
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