In breve:

Donne diacono e nuove inquisizioni

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di Tonino Loddo
Un mare di critiche ha invaso i social quasi in tempo reale in merito a quanto dichiarato da papa Francesco durante l’incontro con le superiore degli ordini e congregazioni religiose femminili, svoltosi qualche settimana fa. Il papa – per contestualizzare la riflessione che segue – rispondendo alla domanda riguardo alla possibilità dell’apertura alle donne del diaconato permanente, ha sottolineato come le donne siano già protagoniste nel servizio ai poveri e malati, nella catechesi e in molti altri ministeri ecclesiali. Per poi aggiungere (come riporta la Radio Vaticana) «che l’antico ruolo delle diaconesse non risulta tuttora molto chiaro e si è detto disponibile a interessare della questione una Commissione di studio».
Tutto qui?, dirà qualcuno. Tutto qui. Ma tanto è bastato per scatenare un putiferio inquisitorio da parte di chi (anche all’interno della Chiesa) considera il papa come un sabotatore della vera dottrina: opinionisti che si reputano difensori della fede e della tradizione più del successore di Pietro e che si scagliano – con la comoda, e ormai alla moda, ermeneutica del sospetto – verso tutto quello che egli dice. Proviamo a fare un po’ di chiarezza.
Non è la prima volta che la Chiesa Cattolica dedica attenzione al diaconato in genere e quindi anche al diaconato femminile. Lo studio del tema è stato lungamente affrontato dalla Commissione Teologica Internazionale (1992-2002) che ha concluso i propri lavori con un documento in cui si ricorda che il diaconato, entrato in declino nel Medioevo e poi scomparso come ministero permanente, ha ripreso forma autonoma dopo il Concilio Vaticano II. Per quanto riguarda il diaconato femminile vi si legge, poi, che le diaconesse di cui si fa menzione nella Tradizione della Chiesa primitiva, non sono puramente e semplicemente assimilabili ai diaconi e che l’unità del sacramento dell’ordine (nella chiara distinzione tra i ministeri del vescovo e dei presbiteri da una parte, e il ministero diaconale dall’altra), è fortemente sottolineata dalla Tradizione ecclesiale, soprattutto nella dottrina del Concilio Vaticano II e nell’insegnamento postconciliare del Magistero. Il documento, quindi, conclude testualmente dicendo che, benché il Concilio Vaticano II «non si sia pronunciato su questo ministero diaconale femminile di cui si trova menzione nel passato, esso dev’essere studiato affinché se ne stabilisca lo statuto ecclesiale e affinché si esamini l’attualità che gli si potrebbe riconoscere». Cioè, niente di più e niente di nuovo rispetto a quello che ha detto il papa.
Sulla base di queste considerazioni, possiamo perciò collocare le affermazioni di papa Francesco, non come uno strappo alla tradizione e neppure – come scritto da molti osservatori superficiali – come un appianamento della strada verso l’ordinazione sacerdotale delle donne, ma solo come la riaffermazione di un bisogno di chiarimento da tempo presente nella Chiesa. E allora, perché tutto questo clamore? Perché papa Francesco dà fastidio! Ha contro almeno tutto il mondo dei supertradizionalisti, degli amanti di un ritualismo statico, astorico, arcaico, sacralizzato (come la messa in latino), di coloro che non sopportano il suo sottovalutare gesti, segni e paramenti legati al comportamento del papa consacrato dalla tradizione, che non gli perdonano neppure l’affettuoso togliersi lo zucchetto bianco per metterlo in testa ad un giovane handicappato. Di coloro che sono apertamente scandalizzati del suo guardare in modo umano ed evangelico il mondo e tutti i suoi abitanti. Di coloro che, se potessero, riaprirebbero anche il Tribunale dell’Inquisizione. Perché, a conti fatti, egli rappresenta un problema serio per un mondo che sulle condanne ha costruito buona parte della propria fortuna. Ebbene, se papa Francesco è pericoloso perché annuncia il Vangelo ripartendo dal Concilio Vaticano II, per troppo tempo congelato, noi siamo fieri di stare con un papa pericoloso. Di una cosa, infatti, siamo certi: con lui siamo Chiesa. Perché (lo diciamo in latino così capiscono tutti) ubi Petrus, ibi Ecclesia.

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