In breve:

Ripartiamo dalla compassione

migranti-8

di Tonino Loddo
La notizia non è andata nelle prime pagine dei giornali, ma merita una riflessione. Secondo l’annuale Rapporto dell’Unicef sulla condizione dell’infanzia nel mondo, sono milioni in tutto il mondo i bambini e i ragazzi ancora oggetto di morte e sofferenze del tutto evitabili.Nonostante gli indubbi progressi, entro il 2030 (cioè entro meno di quindici anni) 69 milioni di bambini con meno di 5 anni sono a rischio decesso se i governi non metteranno in atto azioni di contrasto alla povertà, alla malnutrizione, alle malattie. Altri 167 milioni di bambini vivranno in povertà e oltre 60 milioni in età da scuola primaria saranno esclusi dall’istruzione. Le cifre sono talmente enormi da suscitare turbamento. Eppure, la notizia è passata nel generale disinteresse.
Cosa stiamo aspettando? Possibile che il mondo sia così povero da non poter dare un giocattolo e un libro a milioni di bimbi soldato costretti ad imbracciare un’arma prima dell’adolescenza? Possibile che il mondo sia così indifferente da non poter regalare un sogno alle centinaia di migliaia di bambine violentate e schiavizzate in decine di Stati del Terzo e Quarto mondo e vendute per meno del prezzo di un pacchetto di sigarette? Possibile che non sappiamo rispondere che con un’alzata di spalle al bimbo sudanese, rapito da una milizia estremista e costretto a uccidere i suoi amici e la sua famiglia, che candidamente dichiara ad una giornalista: «Non è colpa mia»? Possibile che non ci riempia di sgomento il sapere che migliaia sono i bambini senza documenti che giungono nelle nostre coste e che scompaiono, per essere avviati al traffico di organi o alla prostituzione?
Tutti i bambini meritano un inizio equo e paritario della vita. Meritano la libertà e l’infanzia. Meritano un’istruzione completa, equilibrata e di qualità. Questi devono essere considerati non soltanto diritti fondamentali, ma anche strumenti per creare una società più giusta ed inclusiva.
Quando tutti noi, come cittadini, ci uniremo per responsabilizzare governi, aziende e società civile, tutto questo sarà possibile. E ciò può cominciare da una piccola condizione: che finalmente torni nel nostro cuore il valore della compassione. Se, cioè e ad esempio, ogni volte che ci stringiamo al petto, cullandoli, i nostri bambini e i nostri nipotini ricordassimo sempre che al mondo ci sono altri bambini belli come i nostri, intelligenti come i nostri, innocenti come i nostri che non dormono perché hanno fame, perché li scuote lo scoppio continuo delle bombe o il crepitare della mitraglia, perché li angosciano le grida di disperazione degli adulti che hanno intorno. Bambini che non dormono e non mangiano da giorni e che sono inevitabilmente destinati ad essere dei vinti della vita e a non avere alcuna chance di farcela.
C’è un piccolo miracolo che tutti possiamo compiere ed è il miracolo di riconoscere la dignità personale di ogni uomo, che rivendica il nostro rispetto, la nostra stima e attenzione al di la del nostro essere o non essere credenti. L’hanno ripetuto Francesco e Bartolomeo a Lesbo qualche settimana fa. E non sono ingenui sognatori il Papa e il Patriarca, né utopici idealisti. Sanno che per arginare l’emergenza migratoria, bisogna ritrovare il senso di una politica non più ostaggio di facili slogan, capace di mettere al centro la persona e, insieme, ritrovare dentro di noi un elementare senso di compassione. Tutto potrà cambiare se ci sarà questa semplice spinta dal basso che consiste proprio nella riscoperta della compassione.
È necessario che (re)impariamo a commuoverci. Cominciando da noi. Cominciando da quest’estate quando – con il bel tempo – i barconi di migranti riempiranno più massicciamente i nostri telegiornali e vedremo scendere dalle scalette delle navi quei minuscoli fagottini avvolti in coperte di fortuna. Se in quei momenti non sentiremo più le quotidiane maledizioni tipiche di quelle circostanze (tra cui: «bisognerebbe gettarli a mare!», è la più frequente e meno volgare), vuol dire che stiamo cominciando a cambiare. E che una stagione di speranza sta finalmente iniziando. E che tempi migliori si stanno preparando per tutti. Anche per noi.

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