In breve:

Prossima fermata

Bambino afghano

di Claudia Carta.
Due scatti. Ti affacci dentro e trovi la vita. O forse trovi un immenso spazio vuoto. Il problema è come riempirlo. Perché con l’immensità del vuoto bisogna comunque farci i conti. Possiamo anche decidere di lasciarlo così com’è. Qualcosa succederà. Qualcuno si incontrerà.Come una luce da un finestrino di treno la vita morde, un giorno scava più piano e il giorno dopo più forte. Ma per l’acqua di quel miraggio quanta strada da fare. Così Francesco De Gregori in un dialogo d’altri tempi con la sua vecchia valigia.
Già, la strada da fare. O magari quella da rifare. Tanta. Soprattutto quando vent’anni interi si sbriciolano nello stretto perimetro di un aeroporto per poi volare, in fretta e furia, alle 00.29 di una notte inquieta di Kabul.
E allora via. Di corsa. Se spingi più forte riesci a passare. Se mani grandi ti sollevano in alto, riesci a saltare. Sulle spalle, sulle teste, sui documenti sollevati al cielo e poi ancora più su, lungo pareti di cemento che diventano porte, rampe, cancelli spalancati su un nuovo mondo. Sì, perché quello Vecchio, di mondo, è alla finestra. E guarda. E sta zitto. E fa spallucce. E aspetta che il frastuono passi, che lo scandalo si metabolizzi, che l’eco di un silenzio complice attenui il suo vergognoso rimando.
Poi però c’è una valigia rossa nuova nuova. È tutta d’un pezzo. Nemmeno si apre. Quando il viaggio si fa lungo è meglio avere un carico leggero. Eppure, dentro c’è l’acqua di quel miraggio. L’attesa. La sorpresa. La meraviglia. L’intensità. La curiosità che accende. Tutto, in terra straniera ma libera, sembra un grande circo in un giorno pieno di sereno. Qui si arriva. Da qui si riparte. Dove e come non è dato saperlo. Però guarda quanta notte se n’è andata già, se ci stai attenta puoi sentire gli uccelli cantare.
Un viaggio di domande e di perché. Dal finestrino di un aereo la vita vola. Braccia aperte. Sorriso al sole. Cappelli al vento. La vita è un salto. Dovremo rispondere di tutti i salti che abbiamo negato. In coscienza. Incoscienti. Ci sembrerà di non aver nulla da raccontare. Ma forse siamo solo noi che non sappiamo guardare.

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